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Lotta al caporalato, obbligo di dimora per tre italiani e un rumeno

All’alba di questa mattina ed all’esito di indagini coordinate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Marsala, i finanzieri del Gruppo Trapani hanno eseguito, nella provincia di Trapani, 4 provvedimenti cautelari di obbligo di dimora nei confronti di tre soggetti di nazionalità italiana ed un rumeno, appartenenti ad un’organizzazione criminale dedita allo sfruttamento di braccianti agricoli di nazionalità rumena. Le Fiamme Gialle inoltre hanno eseguito la misura cautelare del sequestro preventivo della società cooperativa per mezzo della quale l’organizzazione operava e dei beni aziendali mobili ed immobili ad essa intestati, nonché contestuali e numerose perquisizioni presso le abitazioni ed i luoghi utilizzati dal sodalizio come basi operative per la gestione dell’attività illecita.

Il Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Marsala ha disposto, al fine di salvaguardare la tutela dei lavoratori e la continuità aziendale, la nomina di un custode con funzione di amministratore giudiziario dei beni sequestrati ivi compresa la Cooperativa agricola – del valore di circa 400.000,00 euro – che forniva da diversi anni servizi di manodopera a diverse ed importanti aziende agricole del territorio trapanese e non solo.

Le indagini avviate nel 2016 e sviluppatesi attraverso l’assunzione di sommarie informazioni da parte delle decine di braccianti agricoli vittime dello sfruttamento, l’attività di osservazione, pedinamento ed intercettazione delle conversazioni telefoniche degli indagati, nonché quella di sopralluogo dei fondi coltivati con l’ausilio di personale dell’Ispettorato del Lavoro di Trapani, hanno permesso di accertare l’esistenza nel Trapanese, da quasi un decennio, di un’attività criminale organizzata, dedita allo sfruttamento di braccianti agricoli di nazionalità rumena.

I lavoratori venivano reclutati ed accompagnati sui campi da lavoro di Marsala, Mazara del Vallo, Partanna, Salemi, Castelvetrano e Pantelleria per essere ivi impiegati a nero ed in condizioni vessatorie, sottoposti a continua sorveglianza e violenze, intimidazioni, offese a sfondo razziale, minacce, talvolta anche mediante uso delle armi, per un compenso di 3euro all’ora a giornata lavorativa di 11/12 ore, dal lunedì al sabato, dalle cinque del mattino alle quattro del pomeriggio con la possibilità d fruire al massimo di mezz’ora per la pausa pranzo. La complessa attività investigativa ha consentito di accertare le peculiari modalità con le quali si realizzava la sottoposizione dei lavoratori stranieri alle gravissime forme di sfruttamento approfittando del loro stato di bisogno e necessità, molti dei quali dovevano mantenere le loro famiglie che si trovavano in condizioni economiche estremamente disagiate.

In particolare i lavoratori intermediati erano perennemente esposti a situazioni di grave pericolo, essendo impegnati in attività di spietratura dei terreni, potatura delle coltivazioni con l’uso di forbice elettrica, zappatura, raccolta delle uve e spargitura di diserbanti, insetticidi ed altri fitofarmaci altamente nocivi, mediante pompe a mano in qualunque condizione meteorologica, in assenza di alcun presidio che garantisse la tutela della loro sicurezza, costretti ad astenersi dal richiedere le cure nei presidi ospedalieri e, comunque, a celare la causa degli infortuni occorsi.

In molti casi, addirittura, a seguito di incidenti sul lavoro, i lavoratori, pur feriti agli artisuperiori o agli occhi, sono stati costretti a non ricorrere alle cure mediche e, quasi sempre, a continuare il proprio turno di lavoro. Quando alcuni di essi, a causa della gravità delle ferite riportate, si presentavano presso i presidi ospedalieri per le cure del caso, venivano minacciati e costretti a mentire sulle cause dell’infortunio per salvaguardare il posto di lavoro.

Gaspare De Blasi

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