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Eolico e mazzette: torna in carcere Vito Nicastri. Indagato anche il sottosegretario Siri

Parte da Palermo e tocca anche la provincia di Trapani una nuova inchiesta giudiziaria destinata a creare un nuovo fronte di scontro politico all’interno del Governo Conte.

Tutto parte da Vito Nicastri, il “signore del vento” originario di Alcamo, che nel giro di pochi anni ha creato un autentico impero economico nel settore dell’eolico. Le inchieste degli ultimi anni hanno svelato la natura fraudolenta delle sue “fortune”, associandole al latitante Matteo Messina Denaro, di cui Nicastri è considerato uno dei più facoltosi prestanome.

Nicastri è al centro adesso di una nuova inchiesta su un giro di mazzette che coinvolge diversi funzionari della Regione siciliana, contattati per sbloccare procedimenti amministrativi legati alle energie rinnovabili. La Direzione Investigativa Antimafia lo ha nuovamente arrestato oggi per violazione degli arresti domiciliari.
Assieme a Nicastri risultano indagati anche Paolo Franco Arata, 69 anni, professore, consulente della Lega sull’energia ed ex parlamentare di Fi, il figlio Francesco Paolo, 39 anni; Giacomo Causarano, 70 anni; l’imprenditore Francesco Isca, 59 anni; il funzionario del Comune di Calatafimi Segesta Angelo Giuseppe Mistretta, 62 anni; Manlio Nicastri, 32 anni, figlio di Vito e Alberto Tinnirello, 61 anni, funzionario regionale, prima al Dipartimento dell’Energia. Sono accusati a vario titolo di corruzione e intestazione fittizia, Isca risponde di associazione mafiosa.

E poi c’è il sottosegretario ai Trasporti Armando Siri (Lega), indagato per corruzione dalla Procura di Roma nell’ambito dell’inchiesta palermitana. Siri, tramite Paolo Arata, ex deputato di FI, secondo l’accusa, avrebbe ricevuto denaro per modificare una norma da inserire nel Def 2018 che avrebbe favorito l’erogazione di contributi per le imprese che operano nelle energie rinnovabili. La norma, comunque, non fu approvata.

Secondo i pm palermitani, Arata sarebbe stato in affari con l’imprenditore dell’eolico Vito Nicastri, che nonostante la misura cautelare a cui era sottoposto continuava ad occuparsi dei suoi interessi.

Per i magistrati, però, Siri non sarebbe stato a conoscenza dei legami tra l’imprenditore mafioso e l’ex parlamentare. “Non so di cosa si tratti. Devo prima leggere e capire. Ho letto di nomi che non so”, ha commentato in mattinata il sottosegretario.

Ed è qui che si apre il caso politico, perché il vicepremier Luigi Di Maio ha rilasciato alla stampa una dichiarazione in cui reputa opportune le dimissioni di Siri. “Gli auguro di risultare innocente e siamo pronti a riaccoglierlo nel governo quando la sua posizione sarà chiarita. Non so se Salvini sia d’accordo con questa mia linea intransigente, ma è mio dovere tutelare il governo e l’integrità delle istituzioni. La questione è morale e politica”.

Il Ministro dell’Interno Matteo Salvini, da parte sua, sembra non avere dubbi su Siri, nei cui confronti ha ribadito piena fiducia: ” Lo conosco, lo stimo, non ho dubbio alcuno, peraltro stiamo parlando di qualcosa che non è finito neanche nel Def”.

Consigliere economico della Lega e promotore della Flat Tax, Armando Siri ha patteggiato quattro anni fa una condanna per bancarotta.

redazione

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