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Processo D’Alì, Birrittella parla dei voti della mafia a Forza Italia e della guerra a Sodano e Linares

Gli affari di Cosa Nostra nel trapanese, i rapporti con la politica e le difficoltà legate all’impegno antimafia del prefetto Sodano e del dirigente della squadra mobile Giuseppe Linares. Questi gli argomenti su cui si è concentrata la seconda parte della deposizione di Nino Birrittella, collaboratore di giustizia per anni legato alla mafia locale e considerato uno dei teste chiave dell’accusa nel processo che vede imputato l’ex senatore Antonio D’Alì, in corso di svolgimento presso la terza sezione della Corte d’Appello di Trapani.

Birrittella ha fatto riferimento alle tornate elettorali del 2001, spiegando che il capomafia trapanese Francesco Pace (subentrato alla guida del locale mandamento qualche mese dopo l’arresto di Virga) diede indicazioni per votare D’Alì alle politiche del 13 maggio, Giuseppe Maurici alle successive regionali e Mimmo Fazio alle amministrative di fine anno. Birrittella parla anche dell’interessamento di D’Alì, nel frattempo designato Sottosegretario agli Interni, per un accordo di programma riferibile al Consorzio Trapani Turismo su cui erano emerse difficoltà in merito alla certificazione antimafia. “Abbiamo chiamato il senatore D’Alì per far sì che intervenisse alla Prefettura per verificare. Dopo due ore arrivò un documento al Ministero che attestò che non c’erano problemi e vi fu un nulla osta per l’accordo di programma”. Birrittella, riconosce di non aver mai visto con i propri occhi il documento ma sottolinea che il via libera all’accordo di programma arrivò dalla mattina al pomeriggio.

Rispetto alle vicende che hanno riguardato Sodano, Birrittella torna a sottolineare come la mafia trapanese vedesse nell’ex prefetto un ostacolo rispetto all’acquisizione della Calcestruzzi Ericina. Anche l’ex dirigente della squadra mobile Giuseppe Linares veniva percepito dalla famiglia mafiosa del capoluogo come “un soggetto pericoloso”: dalle dichiarazioni rese da Birrittella è emerso come Cosa Nostra avesse inizialmente tentato la strada del “mascariamento”, salvo poi abbandonarla. Rispondendo a una domanda dell’avvocato di parte civile Giuseppe Gandolfo, il collaboratore di giustizia ha affermato che a un certo punto si era anche pensato di eliminare Linares.

Come si ricorderà il processo d’Appello in corso a Palermo nasce in seguito all’annullamento, da parte della Corte di Cassazione, della sentenza di assoluzione (con prescrizione per i fatti precedenti al 1994) dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa formulata nei confronti dell’ex senatore di Forza Italia.

redazione

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