Abbiamo sempre guardato agli altri Paesi con ammirazione e spirito di rivalità. Noi siamo fatti così. Non riusciamo a nutrire alcuna forma di disprezzo ma di sana invidia a volte sì. E’ incredibile quanto, a noi italiani, ci piacciono per esempio le “rivolte” quando le fanno gli altri. Leggendo le cronache dei giorni scorsi dalla Francia (noi per sana rivalità calcistica, con i francesi…), traspare una sorta di invidia non detta, di ammirazione sottaciuta, come un’inconfessabile stima per una mobilitazione così spontanea e tenace. Non tanto per gli obiettivi della protesta dei gilets gialli che hanno protestato in tutto il Paese contro l’aumento della benzina, quanto per la loro tenacia. Ci piace insomma il pensiero dei francesi che si arrabbiano, ma ogni volta quel ammiriamo di più è che lo fanno seriamente. Se non ricordiamo male capitò anche ai tempi del grande sciopero dei mezzi pubblici, quando si magnificò la solidarietà dei parigini, pur azzoppati nel loro spostarsi, con i lavoratori in lotta. Non scioperanti e utenti divisi, ma cittadini uniti, si disse, mentre se succede qui, anche un minimo sciopero dei treni, ecco le grida di allarme sull’Italia “paralizzata” e la prepotenza sindacale. Insomma, ci piacciono molto le proteste, a patto che non succeda qui. Facciamo subito un esempio: in tema di spazzatura in tanti anzi tantissimi, sono perché si costruiscano degli inceneritori. Saranno discorsi da bar, ma abbiamo ascoltato gente dire che la soluzione del problema è facile: basta dare fuoco alla spazzatura. Bene, provate a dire che siete d’accordo, ma che l’inceneritore sarà collocato nella loro città, anzi proprio lì, non troppo lontano da casa loro… È un bizzarro strabismo politico-culturale, tutto italiano, molto ipocrita, che abbraccia il pianeta. La marcia dei migranti dall’Honduras agli Stati Uniti è un altro caso che fa scuola. Una migrazione in piena regola, con migliaia di persone che vanno a piedi, coi trolley e le valigie, i bambini e i nonni a bussare per avere una vita migliore. Fanno tenerezza e le cronache sono quasi sempre dalla loro parte. Se invece succede qui la musica cambia un po’, niente più flauti andini e canzoni di protesta, cominciano i cori del non-possiamo-accoglierli-tutti, gli aiutiamoli-a-casa-loro, e aiutiamoli-davvero-a-casa-loro. Insomma, ci piacciono i migranti degli altri e visti in tv sono perfetti finché stanno dall’altra parte del mondo, fuori dalle scatole. C’è poi un aspetto politico da raccontare tenendo presente che noi non facciamo tifo per alcuno ma, come voi, riflettiamo sulle notizie. Nello specifico abbiamo notato nei giornali e sui social che a noi italiani ci piacciono molto i socialisti …ma quelli degli altri. Il caso di Alexandria Ocasio-Cortez conferma in pieno. Con grande attenzione, i media italiani hanno seguito l’ascesa della giovane democratica, fino all’arrivo al Campidoglio di Washington. Hanno persino lodato il suo dichiararsi esplicitamente socialista. Che brava, che coraggio, bene! Tacendo però il dettaglio che se qui, qui da noi, emergesse una voce dichiaratamente socialista: più diritti economici, meno rendite, meno profitti, più reddito da lavoro più diritti agli immigrati, più scuola pubblica, verrebbe trattata come un appestato. Nel caso specifico trattandosi di donna vi lasciamo immaginare gli epiteti. Se dici “socialista” a New York sei un’esotica benedizione per i tempi nuovi che verranno, ma se lo dici qui ti lapidano perché “non aiuti le imprese” e qualunque idea di conflitto sociale pare obbrobriosa. E lo ripetiamo, se sei donna a qualcuno verrà da commentare: “perché non se ne va a lavare i piatti?”.