Abbiamo più volte scritto che la sanità, in modo particolare quella di prima emergenza, è tra le esigenze più “gettonate” che vengono poste all’attenzione della nostra redazione.
Il Pronto soccorso è al centro delle critiche dei nostri lettori che raccontano casi personali a volte tanto paradossali da sembrare incredibili. Al secondo posto di questa graduatoria delle segnalazioni c’è la burocrazia. Così abbiamo deciso di trasformarci in utenti (cosa che peraltro siamo, come tutti voi) e abbiamo trascorso una mattinata dividendoci tra il poliambulatorio di piazza Inam e l’ospedale “Paolo Borsellino” nel tentativo di prenotare una visita specialistica.
ore 8.50 Lo sportello di piazza Pizzo apre alle nove, ma noi ci siamo presentati con un pò di anticipo, almeno così credevamo. La sala, a sportelli ancora chiusi, era piena di pazienti in attesa. C’è una macchinetta elettronica che su richiesta assegna un numero. Il nostro era il 60. Significa che 59 persone hanno diritto prima di noi. Sperando che gli operatori siano celeri ci accomodiamo. “Lei doveva venire qui alle sette – ci ha detto uno dei tanti compagni di viaggio -, io ho il numero 6 e sono qui da quasi due ore”. Che invidia…
ore 9.00 apre lo sportello (uno solo ci chiediamo?) e iniziano le operazioni di prenotazione. Dopo avere consultato per un pò il telefonino, cerchiamo di capire quanto tempo trascorre tra una richiesta e un’altra. Varia da tre a cinque minuti. Per fortuna hanno acceso l’aria condizionata.
ore 9.19 Siamo ancora al numero 4; andiamo a prenderci un caffè. Pensiamo che l’economia della piazza si regge anche sulle lunghe attese. Infatti nell’unico bar aperto, ci sembra di scorgere facce di gente che abbiamo visto nella sala d’aspetto del poliambulatorio.
ore 9.58 Siamo al numero 11. Apre un altro sportello. Si occupa, ci dice una signora che evidentemente deve essere una frequentatrice assidua, di altre pratiche ma se non c’è nessuno l’operatore collabora con la collega delle prenotazioni.
ore 10. 20 Usciamo davanti al poliambulatorio. Alcuni di ritorno dal bar fumano. Pensiamo che tra caffè e sigarette nella struttura che deve curare la gente forse si “incentivano” vizi nocivi alla salute. Mentre tocca al numero 16 e si sono fatte le 10.41, apprendiamo che le prenotazioni si possono effettuare anche presso l’ospedale Paolo Borsellino.
Siamo titubanti: ci andiamo oppure no? Un numero che non citiamo per la privacy, alza la voce con la sportellista rivendicando non so quali diritti. La gente critica e noi decidiamo di andare all’ospedale.
ore 11.07 Posteggiamo davanti al locale nosocomio di contrada Cardilla e anche qui prendiamo il numero. Sembra incredibile siamo al 126. Qui sono attivi tre sportelli ma la scena di gente che aspetta non è dissimile a quella dell’Inam,
ore 11.37 Dopo avere pagato il posteggiatore abusivo che controlla le vetture davanti al Paolo Borsellino, siamo ritornati al poliambulatorio di piazza Pizzo. Fortunatamente qui si posteggia gratis perché a poche decine di metri c’e il parcheggio della stazione. Fiduciosi entriamo. tocca al numero 53 ci deve esse stata un’ accellerazione, o come dice un signore che peraltro conosciamo, alcuni stanchi di aspettare, sono andati via.
ore 12.09 Mentre una signora si lamenta perché ha perso il numero (sarà un furbata per scavalcare gli altri?), sul display compare il numero 60. E’ il nostro sono trascorse oltre tre ore. Presentiamo alla gentile operatrice la nostra richiesta ed attendiamo l’esito della prenotazione. “Il medico potrà visitarla il prossimo 1 ottobre”. Come uno ottobre? ci sfugge- e se era una cosa appena più urgente? Comunque prenotiamo. Ci viene comunicato l’importo del tiket da pagare. Decidiamo di pagare subito. Prendiamo la carta di credito e la signora ci dice che accettano soltanto soldi in contante, perché la struttura non è collegata con l’apposita rete di pagamento online. “Però se vuole può pagare ai tabacchi”. Pensiamo a quell’incentivo al vizio. Il fumatore paga il ticket e dato che si trova sul posto compra anche le sigarette.
ore 12.37 Senza passare una visita, senza neppure riuscire a pagare il ticket, abbiamo trascorso una mattinata estiva immersi nei meandri della burocrazia sanitaria. Di questo i nostri politici (quelli che hanno perso e sono a casa) dovevano occuparsi. D
P.S. In un intervista rilasciata al nostro giornale un alto dirigente della sanità trapanese alla domanda del perché non fosse possibile pagare elettronicamente le prenotazione, ci disse che era ormai questione di giorni…sono trascorsi anni.