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Province, niente elezione diretta. La corte costituzionale boccia la legge dell’Ars

Ancora una puntata, questa volta l’ultima, sulla vicenda delle elezioni degli organismi amministrativi nelle province siciliane.

Era attesa da un momento all’altro ed è giunta la decisione della Corte costituzionale che ha bocciato la norma votata dall’Assemblea regionale lo scorso agosto che prevedeva l’elezione diretta di presidente, giunta e consiglio. Una legge varata con una maggioranza trasversale e poi impugnata dal governo allora guidato da Gentiloni. Secondo i giudici della Corte costituzionale la legge siciliana di fatto fa venire meno la semplificazione avviata nel resto del Paese con la legge Delrio.

Quindi rimarrà in vigore il vecchio testo che prevede l’elezione di secondo grado tra sindaci e consiglieri comunali senza alcun compenso aggiuntivo. La Sicilia di fatto, con il voto dello scorso agosto, puntava a rimettere in piedi le Province così come erano prima. Perplesso il governatore siciliano Nello Musumeci: “Sono sorpreso dalla decisione della Consulta, in un momento in cui la gente si allontana dalle istituzioni, l’elezione diretta rappresenta un primo coinvolgimento del cittadino elettore. Andremo a votare presto, anche se con questo metodo irragionevole. Si voterà senza i cittadini, sembra strano, ma una guida bisogna pur darla alle nuove province”.

Soddisfazione giunge invece arriva dal centro sinistra: “In tutto questo tempo il centrodestra si è scatenato alimentando illusioni sul ritorno alla ‘vecchia elezione diretta’ che avrebbe chiamato al voto i cittadini – ha detto il democratico Antonello Cracolici, parlamentare regionale del Pd -. Il presidente Musumeci, ha utilizzato la prospettiva del ritorno al voto diretto per le ex-Province come ‘esca’ per il proprio ceto politico e per i propri candidati alle ultime elezioni regionali e nazionali”. Ora la giunta regionale dovrà fissare la data del voto che sarà di secondo grado, in pratica potranno candidarsi ed essere eletti soltanto i sindaci e i consiglieri comunali in carica.

Tra i tanti interventi che si susseguono arriva la dichiarazione dell’AnciSicilia.

“Prendiamo atto – ha detto il presidente dei comuni siciliani, Leoluca Orlando – che con questa decisione della Corte costituzionale anche le ex province siciliane, dopo tante incertezze normative, vengono ricondotte al quadro fissato dalla legislazione nazionale. La sentenza della Suprema Corte Costituzionale fa finalmente chiarezza dopo 5 anni di delirante stato di confusione legislativa ed amministrativa che ha messo in ginocchio gli enti di Area Vasta,  prodotto un proliferarsi di commissari regionali, bloccato la erogazione di servizi e la realizzazione di interventi in tutta la Sicilia.

La sentenza ha ribadito che la riforma è nazionale e non può essere considerata legittima l’applicazione in Sicilia in modo diverso e discriminante dal punto di vista istituzionale, funzionale e  finanziario. A questo punto è necessario che tutte le istituzioni facciano la loro parte affinché anche alle città metropolitane e ai liberi consorzi possa essere data la stessa dignità che è riconosciuta alle altre province d’Italia in termini di trasferimenti finanziari e di eliminazione del contributo forzoso”.

Al coro di soddisfazione che giunge dal diversi ambienti del centro sinistra, si unisce il capogruppo all’Ars del partito democratico. “Adesso è necessario uscire dalla precarietà e recepire la legge Delrio – ha detto  Giuseppe Lupo -. Ora spero che si comprenderà, da parte del governo Musumeci, che non serve più attardarsi in vecchie nostalgie del passato. E’ importante che i Liberi Consorzi possano liberamente esercitare le loro funzioni”.

Gaspare De Blasi

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