Ieri abbiamo dedicato alla situazione dei beni culturali marsalesi il nostro editoriale. Oggi la nostra redazione ha deciso di tornare sull’argomento, soffermandosi sul degrado che sta vivendo il Complesso di Santa Maria della Grotta. Riscoperta dai marsalesi negli ultimi anni grazie alle iniziative promosse da associazioni (Fai e Legambiente), movimenti politici (i 5 Stelle) e per un certo periodo dal Museo Lilybeo, negli ultimi tempi l’area è tornata ad essere oggetto di varie scorribande.
La zona più visibile, a pochi metri dal Palazzetto dello Sport si è trasformata in una discarica a cielo aperto: chi ha avuto modo di passare da quelle parti in questi giorni avrà potuto notare con i propri occhi sacchetti di spazzatura, sfrabbricidi, water, armadi e tanto altro. All’interno della rete che circonda l’area si può notare l’apertura di un varco che, verosimilmente, ha consentito ad altri discutibili fruitori del Complesso di entrarvi per le proprie attività. Da tempo si dice infatti che l’area sia stata scelta per l’esecuzioni di riti a carattere satanico: di ciò, naturalmente non c’è prova, ma lungo la scalinata che conduce alla Chiesa sono recentemente comparse una serie di scritte di difficile comprensione, tra cui una “Welcome to hell” (“Benvenuto all’inferno”), corredata da altri strani disegni che alimentano questo genere di sospetto. Sempre sulla scalinata, c’è un’altra scritta “Normal people scare me” (“La gente normale mi spaventa”), che potrebbe essere una citazione della serie tv “American Horror Story”, molto popolare tra i teenagers. Su una delle pareti c’è anche il disegno di un triangolo, con al centro un occhio, tradizionalmente utilizzato nell’iconografia massonica. Un insieme di simboli e segnali che potrebbero essere in qualche modo legati tra loro come anche costituire una disordinata accozzaglia che convive per puro caso all’interno dello stesso spazio. L’unica certezza è lo stato di abbandono, testimoniato anche dalla totale mancanza di cura del verde, che sovrasta gran parte dei resti archeologici presenti.
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Qualche settimana fa anche il consigliere comunale Arturo Galfano aveva segnalato la situazione all’attenzione della giunta comunale, proponendo l’installazione di telecamere di videosorveglianza per scoraggiare le scorribande di vandali e balordi. Anche in questo caso, così come per il Parco Archeologico, è chiaro che però c’è un più articolato problema di gestione dei beni culturali che la Regione fa fatica a garantire, quantomeno a Marsala.
Due anni fa Legambiente aveva scritto al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella chiedendo un sostegno istituzionale per il recupero del complesso basiliano, prezioso insieme di opere e stili che testimoniano diverse epoche storiche (dalle antiche necropoli fino al barocco). Il Capo dello Stato espresse la sua solidarietà alla campagna in atto, anticipando che avrebbe chiesto alla Regione di valutare gli interventi di competenza. Il governo Crocetta in una prima fase era sembrato interessato alla vicenda e l’ex assessore ai Beni Culturali, Antonio Purpura, aveva anche promesso che si sarebbe impegnato per il restauro dopo essere rimasto fortemente affascinato dalla bellezza del Complesso nel corso di una delle giornate di apertura organizzate dal gruppo Fai di Marsala. Il successivo valzer degli assessori che ha caratterizzato il governo Crocetta ha inevitabilmente interrotto quel poco che si era iniziato. E il vecchio progetto dell’architetto Gaspare Bianco continua a giacere su una delle scrivanie dei palazzi palermitani. Servirebbero 7 milioni di euro per il restauro dell’opera. Sono tanti, ma ne varrebbe la pena.