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Gianluca Fiusco: “Sento il dovere di impegnarmi. A Trapani i poteri forti convergono ancora su obiettivi comuni”

“Eretico, irriverente e gentile”. Si definisce così Gianluca Fiusco, ai più noto per aver raccontato fatti e misfatti della comunità trapanese da giornalista e adesso deciso a candidarsi al Consiglio comunale della sua città a sostegno del progetto di Peppe Bologna, che fu già suo editore ai tempi di Tele Scirocco. Quarantuno anni, una laurea, un master, un’esperienza in fabbrica e adesso una nuova esperienza da direttore di una struttura sociale della Chiesa Valdese, che definisce “un luogo di diversità che coesistono e si integrano a vicenda: quello di Gianluca Fiusco è sicuramente un profilo diverso rispetto a tanti candidati che solitamente affollano le liste per le elezioni amministrative.

Cosa porta un giornalista a candidarsi alle elezioni amministrative?

Potrei dire, come cittadino prima che come giornalista, che ho il dovere di impegnarmi. D’altra parte, da un decennio la mia professione prevalente è un’altra e si svolge altrove. Dopo di che rilevo che a Trapani c’è un deficit di informazione: un sistema di casse di risonanza, in questi anni, ha “sterilizzato” l’opinione pubblica. Per oltre tre anni buoni ho seguito il consiglio comunale in streaming e devo dire che non mi sono mai vergognato tanto delle condizioni della mia città come in quelle occasioni. Tizio o Caio intervenivano e, al netto della loro grammatica sconclusionata e la sintassi ermetica, parlavano per ore e ore senza dire nulla. Ci vuole impegno sa? Un luogo dove la trasparenza dovrebbe regnare sovrana ed invece, troppo spesso, sovrano regnava il lassismo, le guerre personali, gli scambi di mozione, le interrogazioni che non interrogavano nulla e servivano solo per comiziare! Tutto ciò è vergognoso, indegno! Direi, quindi, che in principio è stato un moto di rabbia a farmi accettare la proposta. Mi candido perché le informazioni siano restituite alla collettività e l’opinione pubblica divenga più forte del curtigghio mediatico. La conoscenza è potere e se i cittadini tornano a confrontarsi con le informazioni diventa più difficile prenderli per il naso. Del resto, guardi, lavoro a 300 km di distanza e per me questa chiamata alla “battaglia” è un sacrificio. Ed è giusto sia così. Se ti candidi per servire la collettività devi rinunciare prima che prendere, devi esporti prima che farti battere le mani. Bisogna diffidare di chi si candida ad ogni elezione senza fare dei sacrifici.

Come nasce la scelta di sostenere il progetto di Peppe Bologna?

Peppe Bologna è stato l’editore di Telescirocco dove ho lavorato per alcuni anni. Ricordo di aver goduto di una libertà editoriale che non ho più incontrato. Ed è uno dei motivi che mi hanno spinto a fare il giornalista solo se la dignità è salvaguardata. Certo non fu una passeggiata. Talvolta senza esclusione di colpi: ma il pregio è che Bologna non te le manda a dire. E neppure io. Altri avevano sollecitato un mio impegno elettorale. Ma parlavano al singolare. Di loro stessi. Bologna, invece, ha provato a declinare l’invito con il pronome “noi”. Che per me, ancora, ha un certo fascino. Preferisco i progetti condivisi: poche cose ma da fare insieme, anziché l’enciclopedia di promesse che, ad ogni elezione a Trapani, si arricchisce di un volume di sogni infranti.

Cosa pensa delle candidature di Giacomo Tranchida e Pietro Savona?

Della candidatura di Pietro Savona, nel giugno 2017, ho pensato fosse una necessità di pacificazione più che programmatica. La città era stata condotta sul ring e la gente schiumava di rabbia: con Fazio, contro D’Alì, contro Fazio, con D’Alì. Una partita tutta interna al centrodestra che ha consumato la vita dei cittadini, avvelenandola. Savona avrebbe potuto pacificare gli animi. Ma è stato massacrato, prima che dai contendenti, dai competitors interni al PD. Oggi sarebbe una battaglia tutta interna al PD e ritengo Savona una persona perbene e intelligente perciò glielo sconsiglio. Sulla candidatura Tranchida è bene giochi le sue carte. Mi chiedo se fosse stato eletto all’ARS cosa avrebbe fatto. Questi amori per Trapani che nascono all’ombra delle mancate elezioni mi preoccupano. Ma i cittadini sono sovrani.

Trapani è stata guidata per anni dal centrodestra, che a livello nazionale ha cambiato radicalmente pelle. Cosa resta delle stagioni di Fazio e D’Alì?

Intanto il centrodestra a Trapani non ha solo amministrato: ha gestito tutto il possibile. Dalla politica alle partecipate, persino le associazioni private. Tutti si sono ubriacati di centrodestra. Ed oggi, gli stessi si ubriacano all’idea di Tranchida. Il punto non è l’ubriacatura, ma cosa resta dopo. E finora sono macerie. Emblematico il caso della Buscaino Campo. Una scuola nel cuore della città che era nuova ed oggi è uno spettro, come le case a Beirut dopo i bombardamenti. Annunci e proclami per riadattarla, nel frattempo cade a pezzi. E a poche centinaia di metri la Casina delle Palme. Abbandonata anch’essa. E, sempre a poche centinaia di metri, la sede del Consiglio Comunale. Non sto parlando, quindi, di luoghi periferici ma di luoghi a portata di sguardo. Quello sguardo che è l’arma più potente di un Consigliere comunale. Siamo stati amministrati da gente che oggi fa l’imputato a tempo pieno e da consiglieri che avrebbero dovuto usare gli occhi ed invece hanno saputo solo parlare e anche male. Resta questo clima avvelenato che alcune candidature potrebbero rovinosamente alimentare fino a trasformare tutto in nuove tifoserie.

Che bilancio si può trarre della gestione commissariale di Messineo?

Il Commissario ha fatto il Commissario. Ma ha svelato alcuni giochi che pagavamo tutti quanti come collettività. L’aeroporto è uno di questi. Ed ha anche dimostrato una cosa che è passata inosservata: che Damiano non aveva tutti i torti ed ha tenuto la schiena dritta. Un giorno scrissi: questa città, ovvero Trapani, prima o poi dovrà ringraziare Vito Damiano perché ha arginato la politica criminale che l’aveva saccheggiata. So che è impopolare, ma attendo con ansia che la città si renda conto di quel che già il Commissario immagino abbia avuto modo di comprendere.

A Trapani si sono spesso trovati a convergere poteri e interessi diversi, con infiltrazioni mafiose e massoniche nella gestione della cosa pubblica. Come dovrebbero muoversi l’amministrazione e il Consiglio comunale che verranno?

A Trapani si trovano tutt’ora a convergere poteri forti per obiettivi comuni: politica, massoneria, mafia. A queste categorie ne aggiungerei altre due: interessi religiosi (la vicenda Micciché è dimenticata, ma non è affatto chiusa) e antimafiosi. Questa città vive stretta in una morsa in cui forze apparentemente antagoniste convergono. E, mi spiace dirlo, buona parte dell’informazione locale è stata ed è evanescente. Si scrivono articoli, libri addirittura, ma nomi non se ne fanno. Anzi, mi correggo. Si fanno nomi o di chi è morto e non può confutare un bel nulla o dei soliti noti. Un poco come sparare sulla Croce Rossa. D’altra parte questi poteri, elettoralmente, hanno saputo sempre da che parte stare ed hanno sempre trovato il modo di vincere. L’esodo in massa di ex consiglieri comunali dal centrodestra verso alcuni candidati per me è emblematico. Se la politica è intelligenza, dovrebbero far riflettere questi spostamenti. D’altra parte, come da sempre sostengo, non bisogna aspettare l’arrivo della magistratura per fare attenzione. Auspico che tutti i candidati sindaco, nel corso di queste transumanze, facciano più che attenzione assumendosi la responsabilità del personale politico che porteranno in dote.

Cosa serve in questo momento a Trapani?

A Trapani servono molte cose, mi concentrerei principalmente su tre: raccolta dei rifiuti e pulizia affidabile e costante nel tempo; scuole comunali efficienti e servizi a portata di tutti e tutte; rendere Trapani una città giovane, restituendo entusiasmo alle nuove generazioni per convincerle a restare. Non bisogna aspettare che abbiano una tessera elettorale in mano per interessarsi ai giovani! A Trapani ci sono start up che fanno successo nel mondo e noi le ignoriamo. C’è un sistema dell’accoglienza dei turisti che, da solo, sta reggendo il peso dell’assenza di un programma turistico e la fatica di valorizzare il territorio. Pur avendo casa a Trapani nelle ultime settimane ho preso camera in diversi B&B per visitare, anonimamente ed in silenzio, la mia città a partire da chi opera sulle frontiere: economiche, turistiche, sociali, umane. Esistono frontiere in guerra, dove i popoli si spostano e fuggono. Ma esistono frontiere carsiche: dietro casa, all’angolo della via dove viviamo. Vanno ricucite le relazioni tra noi trapanesi, anche se la pensiamo diversamente, se abbiamo storie e culture diverse, non siamo nemici. Se ci reputiamo nemici, se aderiamo alle tifoserie, come qualcuno vorrebbe, noi ci dividiamo e contribuiremo ad uccidere la città. Perciò, soprattutto, tornare a votare il 10 giugno è il più generoso atto di affetto nei confronti di Trapani, del suo mare, delle sue periferie, del verde che si vorrebbe, dei Misteri, del centro storico, delle spiagge che ancora mancano di infrastrutture adeguate. Questo atto di amore è necessario per riappropriarci della nostra umanità, prima ancora che del diritto di scegliere questo o quel candidato.

Vincenzo Figlioli

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