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Dalle liste civiche al civismo

C’è stato un tempo in cui la legge che introdusse l’elezione diretta dei sindaci fece emergere tante novità interessanti. Una di queste fu la nascita delle liste civiche, animate da esponenti della società civile che non erano più disposti a delegare ai partiti la gestione della pubblica amministrazione. Erano i primi anni ’90, quelli segnati da Tangentopoli, dal crollo della Prima Repubblica e dei suoi principali protagonisti. Venne fuori una generazione di sindaci che governò i Comuni con un piglio nuovo rispetto al passato, utilizzando in maniera virtuosa i trasferimenti provenienti da Stato e Regioni, valorizzando i centri storici e promuovendo una nuova immagine delle proprie città.

Non a caso, a distanza di anni possiamo dire che nomi come quelli di Rutelli, Castellani, Bassolino, Cacciari, Illy rappresentano ancora punti di riferimento preziosi per le rispettive comunità (Roma, Torino, Napoli, Venezia, Trieste). Dalle nostre parti, lo stesso ragionamento può essere esteso a Orlando e Bianco per quanto riguarda Palermo e Catania, così come a Salvatore Lombardo o Massimo Ferrara nel trapanese. Già alla fine degli anni ’90 quelle liste e quei sindaci si ritrovarono a confrontarsi con i partiti della Seconda Repubblica, che nel frattempo avevano ripreso quota e potere, segnalando assessori e coordinando le liste per il Consiglio comunale. Talvolta lo spirito di quell’esperienza è stato ripreso da altri soggetti che si sono dichiarati in continuità con quella stagione. Altre volte (è il caso di Bianco e Orlando) a riproporsi sono stati proprio quei sindaci che avevano amministrato dal ’93 in poi.

Ma nel frattempo sono cambiate tante cose, a partire dalle risorse economiche a disposizione, pesantemente ridotte dai governi nazionali e regionali. Contestualmente, i partiti che hanno gestito le istituzioni durante la Seconda Repubblica stanno vivendo un’ulteriore crisi che rischia di essere irreversibile, lasciando spazio a forze, come il Movimento 5 Stelle, che (piacciano o meno) si fanno promotrici di una proposta politica di rottura rispetto al passato. L’impressione è che in molte città, anche della nostra provincia (a partire da Trapani), si stia facendo strada la suggestione di utilizzare contenitori civici come “passamontagna” dietro cui nascondere i volti di chi per anni ha rappresentato partiti di colore politico opposto, mischiando tutto e il contrario di tutto. Probabilmente qualcuno sta pensando di fare la stessa cosa anche a Castelvetrano, dove l’onta del commissariamento dovrebbe consigliare un reale ricambio della classe dirigente. O a Marsala, dove in fin dei conti si voterà soltanto tra due anni e si stanno già registrando alcuni movimenti con un certo anticipo rispetto al passato.

Ma il moderno “civismo” di cui tanti si riempiono le bocche è ben diverso da quel processo innovatore di inizio anni ’90, che seppe davvero incarnare le istanze di cambiamento attese dai cittadini. E’ con la credibilità dei programmi e delle biografie che si può davvero ambire a conquistare il governo delle città, non con le accozzaglie improvvisate. Valeva allora e vale anche adesso.

Vincenzo Figlioli

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