I familiari di un paziente di 76 anni, deceduto nel reparto di Rianimazione dell’ospedale Sant’Antonio Abate di Trapani lo scorso 30 gennaio per un grave trauma cranico, e a cui era stato effettuato un prelievo di organi per trapianto, dalla Liguria dove risiedono, hanno voluto scrivere alla direzione sanitaria del presidio ospedaliero.
L’intervento era stato eseguito in ospedale da un’equipe dell’Ismett, coadiuvata dal responsabile del Coordinamento Trapianti dell’ASP Antonio Cacciapuoti. Il fegato e i reni, trasportati a Palermo, erano stati subito trapiantati a tre pazienti che erano in lista d’attesa all’Ismett.
Questo il testo della lettera:
“Ricorre oggi il trigesimo della morte di mio fratello Gaetano D’Angelo che era stato ospitato nella struttura ospedaliera del S. Antonio Abate nel Trapanese. È ancora fortemente vivo il ricordo di quei giorni in cui ho dovuto affrontare un’esperienza della vita che non mi sarei mai aspettato di passare.
Appena appresa la notizia del tragico infortunio subito dal mio povero fratello mi sono messo in viaggio dalla Liguria per arrivare a Trapani. Si può immaginare lo stato d’animo vissuto in quelle lunghe ore di navigazione da Genova a Palermo.
Arrivato in ospedale a Trapani per la visita al paziente, oramai in coma irreversibile, il personale infermieristico mi ha accompagnato alla vestizione per accedere al letto della stanza; in quel momento un senso di profonda serenità mi ha permesso di vivere quei minuti con mio fratello che, alimentato dalle macchine, viveva il sonno del coma.
Terminata la visita ho avuto modo di ringraziare il personale infermieristico per la cortesia dimostrata; successivamente il dr. Cacciapuoti ci accoglieva per la comunicazione dello stato sanitario e ci confermava la gravità dell’elettro encefalo piatto. In quel frangente e nei giorni seguenti, il Cacciapuoti, con grande sensibilità umana e professionale ci ha assistito e supportato.
All’equipe sanitaria del nosocomio esprimo, anche a nome della famiglia di mio fratello, il mio ringraziamento per la sensibilità dimostrata e per la capacità professionale messa in campo. Aggiungo inoltre che i ‘luoghi comuni’ sulla sanità e in particolare su quella del sud Italia possono essere sfatati dai comportamenti seri del personale che ho riscontrato nell’esperienza come questa che ho vissuto.
Un carissimo saluto”.
Salvatore D’Angelo