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La mafia trapanese per la Dia è ancora “dinamica e vitale”

E’ stata resa pubblica in questi giorni la relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia per quanto riguarda il primo semestre 2017 (gennaio – giugno). Il testo conferma le caratteristiche peculiari di Cosa nostra in provincia, “dotata di una struttura organizzativa omogenea alla mafia palermitana”: “Identiche – scrive la Dia – risultano le modalità operative, medesimi i settori d’interesse, analogo l’ordinamento gerarchico. L’organizzazione continua ad essere strutturata secondo un modello verticistico, così da consentire, pur nella capillarità della sua articolazione e nella complessità del suo ordinamento, l’impostazione di strategie unitarie.

Si conferma, pertanto, l’operatività di una struttura articolata in 4 mandamenti, che raggruppano complessivamente 17 famiglie, le quali esercitano la propria influenza su uno o più centri abitati della provincia”.

I mandamenti in provincia, come noto, sono quelli di Trapani (che comprende anche Custonaci, Paceco e Valderice), Alcamo (che comprende Calatafimi e Castellammare), Mazara (di cui fanno parte anche Marsala, Salemi e Vita) e Castelvetrano (in cui sono inclusi i territori di Campobello e della restante parte del Belice).

In generale, la mafia nel trapanese continua a mostrare dinamismo e vitalità, con un controllo del territorio esercitato anche attraverso le estorsioni, gli atti intimidatori e i danneggiamenti a seguito di incendi. Inalterata la leadership del boss latitante Matteo Messina Denaro, la cui rete di complicità è stata oggetto di un altro colpo da parte della DIA di Trapani, la confisca operata per 3 milioni di euro nei confronti del patrimonio di Giovanni Filardo, cugino del boss e attualmente detenuto.

“Nonostante questa incessante attività di contrasto – si legge ancora nella relazione semestrale – è sulla figura del latitante che continua a reggersi un sostanziale equilibrio tra mandamenti e famiglie, con una apparente assenza di conflitti, fatta eccezione per circoscritti contrasti, interni alla famiglia di Marsala” (emersi nell’ambito dell’operazione “Visir”).

C’è poi la questione dello scioglimento per infiltrazione mafiosa dell’amministrazione comunale di Castelvetrano, determinatasi la scorsa primavera alla luce delle risultanze dell’indagine ispettiva disposta dal Prefetto, “in considerazione degli accertati, univoci e rilevanti collegamenti diretti e indiretti degli amministratori locali con la criminalità organizzata”. Tra le evidenze raccolte circa il condizionamento esercitato sull’Ente locale da Cosa nostra, la DIA segnala, in primo luogo, l’episodio riguardante il sequestro patrimoniale (5,2 milioni di euro) eseguito nel mese di febbraio nei confronti di Marco Giovanni Adamo e del figlio, l’ex consigliere comunale Enrico Maria Adamo, accusati di essere vicini a Messina Denaro. Scrive ancora la Dia: “La proposta di scioglimento del Ministro dell’Interno richiama, ancora, sia fatti che denunciano accordi nella fase preelettorale, sia circostanze connesse all’affidamento di appalti pubblici una volta vinte le elezioni. Nel primo caso, viene evidenziato che “lo stesso boss locale ha riferito che in vista delle consultazioni amministrative di maggio 2012 il candidato sindaco poi effettivamente eletto ed il sopra richiamato consigliere comunale si sono a lui rivolti per ottenere voti in favore del primo.” Nel secondo caso, e più precisamente “in ordine alle modalità con cui l’amministrazione ha proceduto all’assegnazione di lavori, servizi e forniture, gli accertamenti esperiti hanno posto in rilievo che in circa l’80% dei casi è stato fatto ricorso a procedure di affidamento diretto, alcune delle quali si sono concluse in favore di ditte controindicate. Una specifica attenzione è stata dedicata in sede ispettiva ai settori dell’urbanistica e dell’edilizia, in cui sono state rilevate gravi anomalie ed irregolarità e che – al pari dei lavori pubblici – costituiscono un tradizionale polo di attrazione per gli interessi economici delle organizzazioni criminali”. […] Anche in questo caso l’affidamento diretto dei lavori sembra costituire l’escamotage più immediato per favorire le imprese mafiose, altrimenti escluse dalle normali procedure di assegnazione”.

Per quanto riguarda la zona di Alcamo, la relazione semestrale fa riferimento all’operazione “Adelkam- Freezer” del mese di febbraio, che testimonia “la pervicace azione criminale dell’organizzazione” nel relativo mandamento. “L’attività, che si è conclusa con l’arresto di sei soggetti, tra cui il capo della famiglia mafiosa di Alcamo, ha fatto emergere, tra l’altro, una serie di estorsioni a carico di imprenditori locali, nonché il tentativo di infiltrazione di cosa nostra nel libero svolgimento delle elezioni amministrative del posto, tenutesi nel mese di giugno del 2016. Significativa la circostanza che, i più importanti dialoghi sulle attività della famiglia, siano avvenuti all’interno della cella frigorifera di un negozio di ortofrutta di Alcamo. Dai dialoghi captati nel negozio – punto di incontro dei principali esponenti mafiosi del luogo – è stato possibile ricostruire gli affari illeciti della citata consorteria, le estorsioni praticate, l’assetto e le regole interne di cosa nostra trapanese”.

Per quanto riguarda il mandamento di Mazara del Vallo e, in particolare, l’area di Marsala, la relazione si sofferma sulla già citata operazione “Visir”, in cui “sono stati svelati ruoli e gerarchie” oltre che “le relazioni con le altre famiglie trapanesi (in particolare quella di Salemi) e con i mandamenti di Alcamo e di San Giuseppe Jato”. “L’indagine ha portato all’arresto di 14 soggetti affiliati alla citata famiglia di Marsala ed a quella di Mazara del Vallo, i quali, oltre ad infiltrarsi negli appalti pubblici e privati del circondario di Marsala, ricorrevano a metodi intimidatori per estorcere denaro in favore degli associati”.

Infine la Dia, pur sottolineando che “nel periodo in esame non si siano registrate operazioni di polizia che abbiano visto il coinvolgimento diretto di cosa nostra, resta costante lo spaccio di sostanze stupefacenti”.

Per quanto riguarda la presenza sul territorio di organizzazioni criminali straniere, si segnala inoltre l’operazione “Scorpion Fish”, conclusa nel mese di giugno dalla Guardia di Finanza, con il fermo di 17 componenti di un gruppo criminale transnazionale, operante fra Firenze e Trapani, capeggiato da pregiudicati tunisini e con elementi italiani in posizione subordinata, dedito al contrabbando di tabacchi lavorati esteri e al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, lungo le rotte marittime che collegano le coste del trapanese alla Tunisia.

redazione

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