Categorie: AperturaScuola

Arriva la firma sul Contratto nazionale della scuola. Insegnanti sul piede di guerra

Una lunga notte che ha visto l’intesa sul Contratto nazionale della scuola. Un’attesa lunga dieci anni culminata all’alba con la firma all’Aran, del contratto nazionale di lavoro nel comparto Istruzione e Ricerca che abbraccia circa 1,2 milioni di lavoratori. Lo hanno comunicato i sindacati nazionali e le sigle di settore di Cgil, Cisl e Uil: “Un milione e duecentomila tra docenti, personale Ata, ricercatori, tecnologi, tecnici, amministrativi hanno finalmente riconquistato uno strumento forte di tutela delle proprie condizioni di lavoro, dopo anni di blocco delle retribuzioni e di riduzione degli spazi di partecipazione e di contrattazione”.

Per la scuola, si prospetta un aumento salariale da un minimo di 80,40 a un massimo di 110,70 euro, il bonus fiscale è fisso a 80 euro, non ci sono aumenti di carichi e orari lavorativi. Novità sui permessi retributivi per motivi personali e familiari. Si parla di diritto alla disconnessione, a tutela della dignità del lavoro, in materia di nuove tecnologie, mentre in un secondo momento si parlerà del codice disciplinare con l’obiettivo di una piena garanzia di tutela della libertà di insegnamento.

“Riportando alla contrattazione le risorse finalizzate alla valorizzazione professionale, ripristinando la titolarità di scuola, assumendo in modo esplicito un’identità di scuola come comunità educante si rafforza un modello – si legge ancora nella nota delle sigle sindacali – che ne valorizza fortemente la dimensione partecipativa e la collegialità. Questo contratto, la cui vigenza triennale 2016-18 si concluderà con l’anno in corso, assume forte valenza anche nella prospettiva del successivo rinnovo di cui vengono poste le basi e dell’impegno che comunque andrà ripreso anche nei confronti del nuovo Parlamento e del nuovo Governo, per rivendicare una politica di forte investimento nei settori dell’istruzione e della ricerca. Si chiude cosi una lunga fase connotata da interventi unilaterali, aprendone una nuova di riconosciuto valore al dialogo sociale”. C’è aria di soddisfazione da parte dei sindacali ma c’è già chi, dalle diverse parti politiche, lamenta il fatto che la firma del contratto sia arrivato in tempi di elezioni politiche: si voterà infatti il 4 marzo.

Il sito Orizzonte Scuola, principale portale di riferimento per docenti e personale A.T.A. specifica quanto segue sugli aumenti salariali: “Le cifre più basse, relativamente ai docenti, riguarderanno i maestri di infanzia e primaria e per i docenti diplomati delle medie con bassa anzianità di servizio, 0-8 anni. Quelle più alte riguarderanno i docenti laureati che insegnano alle superiori con più di 35 anni di servizio. Alle cifre di aumento si è arrivati anche aggiungendo nel totale dei fondi stanziati anche il bonus premiale di 200 milioni di euro per il merito che, come anticipato dalla nostra redazione, è stato diviso in parti. Una parte (100 milioni) andrà direttamente negli stipendi, l’altra parte andrà a contrattazione e servirà per valutare i docenti e premiarli”. Poi Orizzonte Scuola mostra alcuni esempi: “Per i docenti dell’infanzia ed elementare gli aumenti andranno da 85,50 euro per chi ha fino a 8 anni di servizio, fino ad un massimo di 97,7 euro per chi ha 35 anni di servizio. Per i diplomati che insegnano alle superiori gli aumenti andranno da 85,50 euro a 99,70. Per i docenti di scuola media da 85,50 euro a 106,70 (inclusi i docenti di educazione fisica). Per i docenti laureati gli auenti andranno da 85,50 euro fino a 110,70. Per quanto riguarda il personale ATA: relativamente ai collaboratori scolastici, gli aumenti andranno da 80,40 euro, per chi ha fino a 8 anni di servizio, fino a 88,40 euro, per chi ha 35 anni di servizio. I coordinatori amministrativi e tecnici andranno dagli 81,20 euo fino a 90,20 euro. I DSGA (Direttori dei Servizi Generali Amministrativi), infine, avranno aumenti da 81,50 euro fino a 105,50″. 

Ma gli insegnanti sono già sul piede di guerra. Sulla pagina Facebook di Professione Insegante, è stata pubblicata la bozza Aran 2017 del contratto di lavoro (poi firmato) che potrete trovare qui: file:///C:/Users/Utente/Downloads/Bozza-Aran-2017.pdf 

oppure alla pagina: https://www.facebook.com/groups/professioneinsegnante/1613129588800696/

Una bozza che, a detta dei lavoratori del comparto, “ci umilia”. Si paventa infatti l’ipotesi che il nuovo contratto scuola che Aran e sindacati stanno per firmare, contenga una clausola che finora non è stata messa in evidenza: a partire dal gennaio 2019 per i dipendenti con gli stipendi più bassi la busta paga potrebbe diminuire. Come si legge sul sito Tecnicadellascuola.it, “… sarà l’effetto del cosiddetto “elemento perequativo” verrà erogato solamente fino al mese di dicembre 2018. In pratica gli aumenti contrattuali saranno per tutti uguali a 3,84% e solo chi ha uno stipendio lordo superiore ai 2mila euro potrà avere un aumento di 80-85 euro lordi mensili. Quindi un docente di infanzia con un lordo di 1.800 euro avrà un aumento di circa 69 euro. Per garantire a questo docente di avere comunque gli 85 euro “promessi”  verrà aggiunto in busta paga un “elemento perequativo” pari a 16 euro (la differenza fra 85 e 69)”. 

Da dove arriveranno i soldi per la perequazione? Tecnicadellascuola afferma: “Semplicemente da una modulazione un po’ anomala degli aumenti contrattuali che, anzichè decorrere dal 1° gennaio 2018, partiranno due (o più probabilmente tre mesi più tardi). Si pone a questo punto il problema: da dove si prenderanno i soldi per garantire la perequazione anche dal gennaio 2019 in avanti? La risposta è: per il momento non esiste nessuna copertura; e infatti, già nel contratto degli statali, sta scritto nero su bianco all’articolo 75 che l’elemento perequativo verrà erogato fino al mese di dicembre 2018. Quindi, tornando all’esempio del docente di primaria che ora ha uno stipendio di 1800 euro lordi, succederà esattamente questo: a partire da aprile 2018 questo docente avrà uno stipendio di 1.885 euro (1869 di tabellare e 16 di perequazione). Ma, a partire da gennaio 2019 non ci sarà più la perequazione e l’insegnante scenderà a 1.869. Il problema sarà ancora più evidente per i collaboratori scolastici con stipendi più bassi che avranno una perequazione di 40 euro: per loro a gennaio 2019 ci sarà di fatto una decurtazione di pari importo. Ovviamente, a meno che di qui alla fine dell’anno non venga individuata la copertura per garantire che la perequazione prosegua anche dal 2019. A conti fatti, per tutto il pubblico impiego, serviranno non meno di 4-500 milioni. Problema che il nuovo Governo dovrà affrontare in tempi rapidi”. 

Vicende probabilmente troppo tecniche ma che gli insegnanti avvertiranno in busta paga.

redazione

I commenti sono chiusi.

Condividi
Tags: Contratto nazionale comparto scuola