Il 2017 si chiude in… povertà. Almeno secondo gli ultimi dati Istat ed i sindacati. I dati sono aggiornati al 2016 ma il trend non pare positivo. Un italiano su tre è a rischio povertà ed esclusione sociale, crescono gli individui con un’alta probabilità di indigenza (siamo intorno al 20%), nonché le famiglie maggiormente bisognose e con bassa intensità lavorativa (oltre il 12%). Allora come mai giorni fa, in una nota testata nazionale, la stessa Istat parlava di crescita economica.
“L’economia italiana continua ad attraversare una fase positiva, con segnali di miglioramento anche per i mesi che verranno. In un quadro economico internazionale in espansione, si consolida la crescita dell’economia italiana, sostenuta dalla ripresa del processo di accumulazione del capitale”, affermava l’Istituto Nazionale di Statistica. Insomma l’economia è positiva, l’attività produttiva è in crescita e la povertà aumenta. C’è qualcosa che non torna, a dire il vero. E con buona pace della scuola keynesiana. Se si riduce la spesa per consumi e investimenti a causa della mancanza del lavoro, come può esserci maggiore occupazione e capacità produttiva? Come ci può essere benessere per un Paese?
Un ossimoro. C’è qualcosa che non torna. Soprattutto in tempi di campagne elettorali. Dei 18milioni di persone a rischio povertà, i sindacati nelle Province di Palermo e Trapani segnalano un allarme tra i pensionati, perchè circa la metà delle erogazioni, sono pensioni minime. Se guardiamo Marsala, come ci disse in un’intervista l’assessore alle Politiche Sociali Clara Ruggieri, a fare domanda per il Sostegno di Inclusione Attiva (che a breve diventerà REI), sono state oltre mille persone. Per quanto riguarda le fasce giovanili invece, la disoccupazione resta altissima, soprattutto nei nostri territori, sfiorando il 57%. Ecco perchè sempre più giovani scelgono di andare via dalla Sicilia e anche dall’Italia. Più che di “Cervelli in Fuga” si dovrebbe parlare di “Cervelli messi in Fuga”.