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Processo Perricone: integrata la documentazione depositata dal pubblico ministero

Si è svolta ieri, nell’aula del tribunale di Trapani, intitolata al magistrato Giangiacomo Ciaccio Montalto, l’udienza del processo a carico dell’ex vicesindaco di Alcamo, Pasquale Perricone, e di altri tre imputati. Nel corso della mattinata si è concluso il controesame del teste, un maresciallo della guardia di finanza.

Davanti al giudice Piero Grillo si è tenuta, nella giornata di ieri, l’udienza del procedimento giudiziario nel quale sono coimputati Pasquale Perricone, storico esponente del PSI alcamese, la cugina Girolama Maria Lucia Perricone (detta Mary), Marianna Cottone e il funzionario del centro per l’impiego di Alcamo, Emanuele Asta. I soggetti citati sono accusati di associazione a delinquere, bancarotta fraudolenta, corruzione, truffa ai danni dello Stato e turbativa d’asta.

Durante il processo, che si sta svolgendo appunto presso il tribunale di Trapani, in composizione collegiale, è stato ascoltato il teste Giacomo Sorrentino, luogotenente delle fiamme gialle che ha partecipato alle successive indagini scaturite nel 2010 dalla “Operazione Nettuno”, guidata dalla tenenza di Alcamo, che hanno portato all’inchiesta denominata “Affari Sporchi”, condotta dai magistrati Rossana Penna e Marco Verzera. Detta inchiesta, nel maggio del 2016 è culminata poi con l’arresto dei succitati imputati. Il controesame del teste da parte della difesa, iniziato nel corso dell’udienza del 27 settembre scorso, si è dunque concluso ieri. In particolare, al maresciallo della guardia di finanza sono state rivolte delle domande sull’indagine che concerne l’ambito del settore della formazione professionale e sulle due società principalmente coinvolte, la Promosud s.r.l., il cui legale rappresentante è Marianna Cottone, e la Dafne Consulting, facenti parte di quella galassia di cooperative che sarebbero riconducibili all’ex vicesindaco di Alcamo, Pasquale Perricone, per l’appunto. Infatti, secondo l’accusa, la Promosud, nell’organizzare corsi di formazione, tra il 2014 e il 2015, come quello del “Lavoro di fabbro in ferro” (per il quale pende l’accusa di truffa aggravata), avrebbe emesso delle false fatture per ottenere i finanziamenti UE, a seguito della partecipazione ai bandi pubblicati dalla Regione Sicilia. Nello specifico, ieri si è parlato di due fatture, una di vendita e l’altra di noleggio di apparecchiature informatiche. Quest’ultima è stata infatti oggetto di ispezione da parte dei consulenti della Deloitte S.P.A., la società incaricata dalla Regione di effettuare controlli sulla rendicontazione dei progetti di formazione professionale finanziati dal Fondo Sociale Europeo. Dall’attività investigativa, svolta mediante le intercettazioni ambientali presso la sede della Promosud, in via Goldoni n.6 ad Alcamo, sarebbe emerso che le dispense e i timesheets dei corsi di apprendistato professionale, per i quali la società si prodigava al fine di ottenere i finanziamenti, erano i medesimi di quelli già svolti nel 2011. Inoltre, i preventivi emessi da diverse società, come Work in progress e Paidos (entrambe attribuibili a Perricone), e della ditta Salvatore Longo, sembrerebbero risultare, dal punto di vista grafico, uguali. Secondo le indagini, inoltre, alcuni docenti avrebbero restituito parte di quanto gli era stato corrisposto per l’attività che avrebbero dovuto effettuare, tra questi Vitalba Palmeri, la quale ricopriva anche il ruolo di rappresentante legale della Dafne. Inoltre, nel corso dell’interrogatorio, si è fatto riferimento ad un seminario che la Promosud e l’E.S.P.E.T di Trapani, di cui all’epoca Perricone era presidente, sarebbe stato organizzato presso il Centro Congressi Marconi di Alcamo, pubblicizzato presso un’emittente televisiva locale, ma, secondo l’accusa, mai realizzato. Ricordiamo che, nel corso dell’udienza del 27 settembre scorso, il pubblico ministero Rossana Penna ha depositato dei documenti concernenti proprio l’ente di formazione trapanese, facenti parte di un’altra indagine e attualmente davanti al GIP, nella quale sarebbero coinvolti l’ex sindaco di Alcamo e la sodale Marianna Cottone. Tali documenti, ieri mattina, sono stati integrati dal magistrato della procura di Trapani. Inoltre, nel corso dell’udienza, il pubblico ministero Penna ha sollevato l’incompatibilità del difensore di Mary Perricone, l’avvocato Giovanni Lentini, in quanto nel passato avrebbe ricoperto la carica di difensore della CEA s.r.l., la società fondata dal padre di Perricone e amministrata dall’ex sindaco fino al ’96. Detta società, che sarebbe gestita occultamente da Perricone, è finita in liquidazione coatta nel 2013. Per eseguire tale procedura è stato nominato commissario il dirigente regionale Pasquale Russo. Dietro la sua designazione, da parte dell’assessorato regionale, sembrerebbe esserci stata la regia dello storico esponente del PSI. Una tesi che potrebbe essere supportata dal fatto che il funzionario, per la magistratura, avrebbe avuto dei rapporti discutibili con i cugini Perricone.

Le intercettazioni sui cugini Perricone

Certamente, una delle importanti prove a carico degli imputati è costituita dalle intercettazioni ambientali e telefoniche che hanno ad oggetto le conversazioni tra i soggetti principali dell’inchiesta giudiziaria. Infatti, per quanto concerne il reato di bancarotta fraudolenta del porto di Castellammare del Golfo  dai dialoghi registrati verrebbe fuori il rapporto che i principali protagonisti della vicenda giudiziaria intrattenevano con le maggiori cooperative del nord Italia e, in particolare, quello tra Mary Perricone, amministratrice unica della società Magara s.r.l. con sede a Bologna, e Massimo Vancini, il quale, lavorando presso una società di recupero crediti, il gruppo Demostene, avrebbe avuto un ruolo centrale nell’acquisizione dei crediti della CEA, crediti residui per i lavori svolti nel cantiere del porto di Castellammare del Golfo, essendo associata della capogruppo dell’ATI: la CO.VE.CO. Inoltre, Massimo Vancini sarebbe l’anello di congiunzione tra l’organizzazione di Perricone e il Consorzio Ravennate, in merito ai lavori di Contrada Sasi ad Alcamo. Secondo quanto ricostruito dalle intercettazioni registrate tra Mary Perricone e il cugino Pasquale, raggiunti nel frattempo dall’avviso di garanzia, sarebbe stato proprio il Vancini a suggerire alla parente di Perricone di non sottovalutare la questione della bancarotta fraudolenta. A questo punto l’ex vicesindaco avrebbe proposto alla cugina Mary di distruggere tutta la documentazione in possesso del “testa di legno” Rosario Agnello (amministratore della CEA e presidente del CDA della Nettuno s.r.l.) e della contabilità della Nettuno custodita dal dottore Vincenzo De Luca. Sempre nell’ambito delle intercettazioni effettuate, i due cugini avrebbero cercato di capire quale linea difensiva intraprendere una volta che sarebbero stati convocati davanti gli inquirenti, in particolare, sul ruolo ricoperto da Mary Perricone all’interno della Nettuno e da chi fosse pagata. Pasquale Perricone, inoltre, sarebbe stato a conoscenza dell’interrogatorio effettuato dalla dottoressa Penna nei confronti del presidente della COVECO, Franco Morbiolo e di Mauro Gnech, soggetti che avrebbero potuto dare agli inquirenti delucidazioni in merito al ruolo dei cugini Perricone nell’ambito del cantiere del porto di Castellammare e, quindi, sull’interessamento di soluzioni utili per le sorti della CEA ( strettamente collegata alla vicenda Nettuno), avendo chiesto, appunto, credito alla capofila dell’ATI nell’appalto dei lavori del porto di Castellammare. Nel tentare di capire su chi avrebbero potuto scaricare le responsabilità penali ( in primis Rosario Agnello, Vincenzo Mancuso, Domenico Parisi), Mary e Pasquale Perricone, intercettati dalle forze dell’ordine, dimostrando di conoscere i fatti a loro imputabili, spiegavano le motivazioni del fallimento della Nettuno: la società sarebbe arrivata a fallire perché i soci non versavano alla Nettuno tutti gli incassi che prendevano dalla COVECO. In più, in una delle conversazioni captate, Mary Perricone, spiegava all’ex vicesindaco le motivazioni per le quali in quel periodo non figurasse nell’organigramma della CEA, pur occupandosi della parte burocratica: era amministratrice del C.P.C. (Cooperatori per costruire a.r.l.), una società creata appositamente per acquisire le certificazioni SOA (obbligatorie per la partecipazione a gare d’appalto per l’esecuzione di appalti pubblici di lavori) attraverso la cessione di un ramo aziendale della Cea s.r.l, portata appositamente in decozione.

Linda Ferrara

redazione

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Tags: Pasquale Perricone