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Ottavio Navarra: “Il problema della Sicilia è l’emigrazione, non l’immigrazione. E sulla mafia registriamo un nuovo allarme”

Designato vicepresidente nella squadra assessoriale di Claudio Fava e in corsa a Palermo per un seggio all’Ars nella lista Cento Passi per la Sicilia, Ottavio Navarra torna a confrontarsi con l’elettorato dopo una pausa di oltre dieci anni, in cui ha fatto crescere la propria casa editrice nel capoluogo fino a farla diventare un punto di riferimento nel panorama culturale siciliano. Proprio il suo impegno ha creato le condizioni, quest’estate, per il ricompattamento di un’area che si colloca a sinistra del Pd e che fino alla scorsa primavera sembrava impossibile che potesse proporre per queste regionali un progetto alternativo a quello della coalizione guidata dai democratici.

Quali sono le principali differenze incontrate rispetto alle campagne elettorali vissute in passato?

Per me questa campagna elettorale è stata una sorta di ritorno a una vita precedente. E’ stata entusiasmante, con un clima positivo crescente intorno a noi. La cosa più bella, per quanto mi riguarda, restano i volti dei ragazzi e delle ragazze che hanno fatto assieme a noi quest’esperienza.

A proposito di ragazzi e ragazze, è rimasto sullo sfondo il tema dell’emigrazione e della disoccupazione giovanile. Che tipo di proposte pensa di portare la lista Cento Passi per la Sicilia all’attenzione dell’Ars?

Sono dell’idea che occorra smontare il racconto proposto ogni giorno in tv su questo tema. Il problema della Sicilia non è l’immigrazione, ma l’emigrazione, che è incolore, inodore e insapore. Ogni anno sono migliaia i siciliani, non solo giovani, che lasciano questa terra. Se immaginiamo la Sicilia come un insieme di lampadine in rappresentanza dei diversi paesi, è come se ogni anno se ne spegnesse uno. Questo è intollerabile. Penso quindi a una strategia incentrata sul ritorno delle persone migliori andate via, cogliendo le opportunità offerte misure che l’Unione Europea ha già previsto ma per cui non è stato utilizzato un solo euro. Penso, però, anche a una strategia rivolta ai giovani che vivono ancora sul nostro territorio: uno dei primi punti sarebbe una legge sulla creatività giovanile, sul modello pugliese di “Bollenti spiriti”, che prevede condizioni più agevoli per coloro che vogliono dar vita a nuove attività nell’ambito della creatività. Poi c’è tutto ciò che riguarda il nostro territorio, dai parchi alle riserve, in cui si potrebbe far nascere un vero e proprio New Deal siciliano. Ma penso anche a un lavoro specifico di sostegno al mondo delle piccole e medie imprese e alle start up, in particolare.

In queste settimane si è parlato molto di impresentabili nelle liste, ma poco di mafia, soprattutto da parte dei candidati all’Ars. Un tempo il tema della lotta alla mafia era centrale nel confronto politico. Cos’è cambiato?

Se ne parla poco o perchè non si girano abbastanza i territori o per una sottovalutazione del fenomeno. Io dico invece che c’è un nuovo allarme, dettato dal fatto che, come ci è stato raccontato in questi mesi, molti mafiosi che hanno finito di scontare la loro pena stanno tornando nei loro paesi. E’ in corso un ritorno a un presidio dei territori che non lascia presagire nulla di buono e su cui abbiamo il dovere di vigilare. La mafia è sì un’organizzazione che lavora su diversi piani e diversi livelli, ma non dobbiamo dimenticare che tra questi vi è anche il controllo del territorio. Ed è qui che bisogna portare avanti un’azione di contrasto. Altra cosa è il tema degli impresentabili, che non riguarda un criterio giudiziario, ma di responsabilità politica, di cui molte liste non hanno fatto tesoro.

Girano molte interpretazioni sui conti della Regione Siciliana. Crocetta sostiene di averli messi in sicurezza, altri disegnano invece scenari foschi, con la possibilità di commissariamento dietro l’angolo. Dove sta la verità?

Invito a leggere la relazione della Corte dei Conti per avere un’idea più chiara della situazione. Ci sono delle zone d’ombra che non consentono di stare tranquilli, anche se in alcuni gangli amministrativi si è effettivamente cercato di intervenire. La verità è che la Regione ha un debito significativo e laddove si è tagliato non si è tenuto conto dei bisogni dei cittadini e delle comunità, facendo macelleria sociale.

Vincenzo Figlioli

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