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Lettera ad Anna Frank

Annalies Marie, c’è di vero che, a dirla tutta, quella maglia ti dona. Perchè il rosso sta bene con un sorriso appena accennato e il viso bianco, pallido. Lo accende. Che c’è di male se un bambino vuole indossare la maglia del suo cantante preferito, piuttosto che della sua squadra del cuore? Tutti i bambini devono poter sognare di farlo, anzi dovrebbe essere uno dei diritti imprescindibili dell’infanzia. Poter sognare di cantare o di giocare a calcio. Quindi Anne, la maglia della Roma, piuttosto che dell’Empoli ti dona.

Ma magari preferivi una squadra di Francoforte che ti ricorda la terra natia, i tuoi affetti. Il problema non è che sei comparsa sulla figurina sorridente con addosso una maglia. Magari ti avrebbe fatto anche piacere appenderla su un album, la tua figurina… il problema è, come sempre, il punto di vista. L’occhio distorto di stupidi uomini o se vogliamo proprio specificare, di frange nazifasciste, che entrano ed escono dagli stadi. Due turni di stop e poi daccapo, perché continueranno. “Ordini del prefetto” dicono. Sì, e servirà? Serve più l’intervento temporaneo di repressione o più quello permanente di educazione e di sensibilizzazione? Dal Vesuvio ai cori razzisti, dai motorini giù dagli spalti a Jenny ‘a Carogna, gli Stadi non sono un posto per famiglie, per bambini, per scolaresche. Sono un luogo in cui apri le porte e sfoghi le repressioni quotidiane, familiari, lavorative; rabbie inesplose di una società troppo frenetica, di princìpi andati a male. Neanche il Var riesce in moviola a rallentare questi “tempi moderni”.

Al contrario allunga l’agonia di uno sport che non ha più i valori… e neanche i calciatori di una volta. Anne, i laziali volevano insultare i rivali romanisti, paragonandoli a te che sei morta a Bergen Belsen, in un campo di concentramento. E guarda che destino beffardo ancora una volta, sei morta di tifo. Anche loro sono malati di tifo, ma è tutta un’altra cosa. Tranquilla Anne, i romanisti e tutti i sani tifosi, perchè ci sono e magari hanno la tua età, sono molto orgogliosi di essere paragonati ad una piccola grande donna come sei stata, simbolo della lotta ai regimi totalitari e alla bruttezza della Shoah. Almeno per una volta, c’è qualcuno che una pagina di diario la dedica a te.

Claudia Marchetti

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