Categorie: Lettere

Senza Giacca

In questi giorni si vedono affissi ovunque manifesti di candidati alle elezioni per il rinnovo delle cariche politiche regionali. Ciò che salta subito agli occhi è che quasi tutti hanno scelto foto di sé senza giacca né cravatta. Mi riferisco non solo a chi si candida per fare il presidente, ma anche a chi si propone come deputato. A mio parere non ci sono scuse: il caldo eccessivo o il volere apparire meno formale o perché la giacca non è più di moda? Secondo quest’ottica in cui si considera giacca e cravatta un rito inutile, prevedo che in futuro non si esporranno più le bandiere, si aboliranno gli inni nazionali, non si leggeranno più i regolamenti, non si formuleranno più i programmi d’intenti. No, affatto. Non accetto nessuna motivazione.

Chi decide di proporsi non è costretto a farlo, ma se lo fa deve presentarsi come richiede il ruolo per il quale desidera essere votato. Certo, è vero che “non è l’abito che fa il monaco” ma è pur vero che ogni luogo presuppone un look adeguato al ruolo e mi pare che chi si mostra per rappresentare il futuro governo di una regione importante come la Sicilia deve tenerne conto. Non voglio fare un elogio alla giacca e cravatta, tuttavia il rigore formale che conferisce l’abito esalta l’impegno e dà enfasi all’unicità del candidato che si propone e che dunque a seconda di come si presenta trasmette un implicito messaggio in chi guarda. Non voglio portare alcuni modelli estremisti di galateo in contesti lavorativi e professionali in uso in altri paesi, come ad esempio il completo grigio in Inghilterra, ma un candidato deve essere fiero del formalismo rigoroso che deriva dal mostrarsi in giacca e cravatta perché è un segno di rispetto per il pubblico.

Maria Grazia Sessa

redazione

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