Fossimo ancora più qualunquisti di quanto lo stiamo diventando (e per quanto possa poco interessarvi, in queste nostre note ve lo abbiamo sempre detto), scriveremmo bravi plaudendo alla notizia che ora vi racconteremo. A Palermo mille cabine elettorali in alluminio sono state rubate la scorsa settimana da un deposito comunale in via Luigi Galvani. Un danno economico notevole per il comune capoluogo, che ora dovrà acquistare altre cabine per il prossimo turno elettorale regionale. Gli agenti della Digos sono riusciti a risalire alla targa di un furgone che era stato notato nei pressi del deposito. Il conducente è stato denunciato per furto aggravato. Le cabine sono state ritrovate poi negli spazi di una ditta che si occupa della raccolta e stoccaggio di materiale ferroso. Più della metà delle strutture in metallo erano già state triturate. L’amministratore della ditta di stoccaggio, un 61enne di Carini, è stato denunciato per riciclaggio, mentre la refurtiva è stata sequestrata con affidamento al comune di Palermo. Cosa ci tocca vedere. In tema di furti ne avevamo sentite tante, ma le cabine, quel luogo ammantato di una certa sacralità dove una domenica (una volta della tarda primavera, ora non si sa bene in quel periodo dell’anno), ci rechiamo e restiamo soli con la nostra coscienza a votare per un’idea, una persona oppure per un progetto, non ci saremmo mai aspettati che divenissero oggetto di atti criminosi. Sarà perché siamo cresciuti con l’idea in cui tutto ciò che si svolgeva all’interno del seggio elettorale, materiale compreso fosse l’esaltazione della democrazia, la notizia che giunge dal capoluogo siciliano ci fa un po’ di impressione. Solo un po’ ormai. Ci hanno condizionato il consenso. Ci hanno detto tante chiacchiere alle quali noi, e presumiamo anche voi, abbiamo creduto. Abbiamo sbagliato a votare e poi ci siamo ricascati. Ci siamo vergognati e, fatto gravissimo, abbiamo talvolta anche difeso la nostra vergogna. Insomma, come sosteneva un nostro anziano congiunto ormai scomparso: “mi hanno rubato il voto”. Caro amico, non hai fatto in tempo a vedere che ora si portano via anche le cabine. In una sua canzone Giorgio Gaber parlando del giorno delle elezioni forse per fare rima con democrazia, affermava che la matita copiativa à tanto bella forse è meglio “portarsela via”.