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L’inferno di Villa Petrosa: continua a bruciare la cava, residenti esasperati

Il sito era diventato una discarica in cui era stato abusivamente riversato materiale di ogni genere. Gli abitanti chiedono la bonifica immediata. Il sindaco: “Ci sono indagini in corso”

L’aria è irrespirabile a Villa Petrosa, ormai da due settimane. Era il 3 giugno quando i residenti della contrada marsalese chiamavano i Vigili del Fuoco per segnalare un incendio divampato in prossimità di una cava. Dieci ore di intervento da parte degli uomini del distaccamento di Corso Calatafimi e dei colleghi del comando provinciale di Trapani avevano sedato le fiamme, senza però riuscire a estinguere completamente il focolaio, che nel frattempo si è esteso dalla stradella limitrofra alla profondità della cava. La profondità della stessa (circa 20 metri, nell’ambito di una superficie di circa 2000 mq) ha reso estremamente complicate le operazioni. Il risultato è che la brace continua ad ardere, causando un danno ambientale che potrà essere sanato solo in seguito a un radicale intervento di bonifica. Anche perchè, la cava era diventata nel tempo una discarica abusiva a cielo aperto, in cui era stato illecitamente riversato di tutto: copertoni, sanitari, frigoriferi, lavatrici, mobili da cucina, materiale di imballaggio, reti, materassi, lampade per uso industriale, sacchi di rsu e numerosi frammenti di eternit. Il rogo ha quindi prodotto – e continua a produrre – esalazioni acri, che da due settimane non danno tregua alle circa 40 famiglie che risiedono a Villa Petrosa. Il rischio, però, è che sia stata pesantemente intaccata anche la falda acquifera, con conseguenti danni per le contrade limitrofe (Sant’Anna, Torre Maccubo, Santo Padre) e gran parte del versante sud lilybetano.

Stanchi della situazione, nei giorni scorsi gli abitanti si sono quindi attivati per ridurre il danno, riversando 180 metri cubi di sabbia, sfabbricidi e scarti “puliti” per soffocare il fuoco. La situazione è migliorata, ma l’obiettivo è stato raggiunto solo in parte. Contestualmente, è stato bloccato con due grossi massi il prolungamento della strada poderale da cui accedevano i mezzi che scaricavano i rifiuti nella cava, a fianco della quale c’è anche un pastore, che il giorno dell’incendio ha perso alcuni esemplari del suo gregge, finiti bruciati o soffocati dalle fiamme. Di fronte a un quadro del genere, i residenti si aspettano un intervento immediato da parte dell’amministrazione comunale, citando l’articolo 38 (comma 2) della legge 142/90: “Il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta, con atto motivato e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico, provvedimenti contingibili e urgenti in materia di sanità ed igiene, edilizia e polizia locale al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità dei cittadini; per l’esecuzione dei relativi ordini può richiedere al prefetto, ove occorra, l’assistenza della forza pubblica”.

“Siamo arrabbiati, è da due settimane che aspettiamo”, sottolineano i residenti di Villa Petrosa, che adesso stanno costituendo un comitato con l’intenzione di produrre un esposto da presentare alla Procura della Repubblica di Marsala e agli organi competenti. Nei giorni immediatamente successivi all’incendio si sono recati sul posto per rendersi conto della situazione il sindaco Alberto Di Girolamo, il vice Agostino Licari, il consigliere comunale Calogero Ferreri e la comandante della Polizia Municipale Michela Cupini. Ai residenti di Villa Petrosa è stato assicurato che nel giro di un paio di giorni sarebbero arrivati i tecnici dell’Arpa per verificare la tossicità dei fumi e i provvedimenti da adottare. Sindaco e comandante assicurano che i tecnici hanno fatto i loro prelievi e adesso si attendono i risultati, per verificare la presenza di diossina nell’aria.

“Siamo intervenuti tempestivamente – assicura Alberto Di Girolamo – ma attendiamo risposte dall’Arpa. Non posso disporre l’evacuazione dell’area se i Vigili del Fuoco non mettono per iscritto che la situazione è pericolosa per i cittadini. Sulla vicenda ci sono comunque indagini a 360°”. Della vicenda si sta occupando personalmente la la dirigente della Polizia Municipale, assieme al nucleo di polizia ambientale: “Colgo l’occasione per ringraziare Arpa e Asp per l’intervento immediato. La nostra attività d’indagine – spiega la comandante Michela Cupini – ha consentito di individuare i proprietari della cava, che sono già stati convocati al Comando”. A breve si dovrebbe avere un quadro più chiaro sulle eventuali responsabilità. A quel punto toccherà alla Procura formulare un’ipotesi di reato nei loro confronti. Nel frattempo è stata anche predisposta un’ordinanza per la rimozione dell’eternit e del materiale potenzialmente nocivo per la salute. Servirà invece l’intervento di una squadra speciale del Comando provinciale dei Vigili del Fuoco per estinguere completamente il fuoco.

La cava colma di rifiuti bruciatimore
la strada da cui accedevano i mezzi che scaricavano i rifiutimore
massiccia presenza di amianto in prossimità della cavamore
le lampade per uso industriale abbandonatemore
La cava parzialmente riempita con sfabbricidi per placare il fuocomore

Quanto accaduto a Villa Petrosa, naturalmente, lascia spazio a diversi spunti di riflessione. Da un lato c’è l’emergenza di una comunità, immersa in un’oasi di pace, che si ritrova in una situazione di grande disagio che va risolta al più presto. Dall’altro c’è un problema antico che periodicamente si ripropone e che riguarda lo sversamento di rifiuti di ogni genere nelle cave dismesse del territorio marsalese. Argomento che è stato oggetto in passato anche delle rivelazioni di un collaboratore di giustizia, che aveva parlato della possibilità che le suddette cave fossero utilizzare per il sotterramento di materiale tossico. Un po’ come avveniva in Campania nella “Terra dei fuochi”. Un problema che è molto sentito dagli abitanti di quel versante, che da tempo lamentano l’inquietante inquinamento dei pozzi, da cui in passato attingevano acqua cristallina e che adesso risulta “non potabile”. Articoli, denunce ed esposti non hanno però sin qui prodotto risultati apprezzabili sul fronte giudiziario. Eppure, sono in molti a pensare che (assieme alle indagini sul “mercato della droga”) sia proprio questo uno dei fronti di maggiore emergenza sociale su cui gli inquirenti dovrebbero insistere nella lotta al crimine organizzato.

“Per quanto ci riguarda – spiega la comandante Cupini – abbiamo portato avanti un’intensa attività di monitoraggio sullo smaltimento dei rifiuti, sequestrando anche alcuni siti. Finora ci siamo mossi prevalentemente seguendo gli esposti, che ovviamente hanno la priorità. Ma stiamo avviando anche accertamenti di nostra iniziativa. Chiaramente, l’accesso alle cave è sempre estremamente complicato. Proprio per questo, invito i cittadini a fare le dovute segnalazioni quando vedono passaggi notturni di camion”.

Vincenzo Figlioli

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