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Greenpeace: peschereccio mazarese fermato in Sierra Leone per attività illegali di spinnamento di squali

Durante attività di monitoraggio contro la pesca illegale nei mari dell’Africa occidentale, condotte in queste settimane insieme alle autorità di nazioni costiere come Guinea Bissau e Sierra Leone, la nave Esperanza di Greenpeace ha scoperto diversi casi di pesca illegale di cui uno, registrato lo scorso 15 aprile, che coinvolge direttamente un peschereccio battente bandiera italiana. Si tratta del peschereccio “Eighteen”, di proprietà della compagnia mazarese Asaro Matteo Cosimo Vincenzo srl., impegnato in attività di pesca nei mari della Sierra Leone.

Durante un controllo le autorità dello stato africano e gli attivisti dell’organizzazione ambientalista hanno infatti trovato a bordo dell’Eighteen pinne di squalo e, quindi, hanno fermato il peschereccio.

Sebbene la terribile pratica dello shark finning – che consiste nella taglio delle pinne degli squali e il successivo rigetto della carcassa in mare – non sia ancora stata proibita dalla legislazione della Sierra Leone, il divieto di rimozione delle pinne di squalo è invece previsto dalla normativa Ue e si applica a tutti i pescherecci europei e in tutti i mari. La normativa Ue vieta inoltre la detenzione, il trasbordo e lo sbarco di pinne di squalo da pescherecci europei.

«Siamo di fronte a una chiara violazione, il primo caso che ci risulta coinvolgere direttamente un peschereccio italiano in un’attività illegale di shark finning. Abbiamo dunque segnalato questo grave caso di illegalità alle autorità competenti», dichiara Serena Maso di Greenpeace Italia. «Seguiremo l’evolversi della vicenda e ci aspettiamo che vengano prese severe misure nei confronti dei responsabili, sia da parte della Commissione europea che dall’Italia. La pratica del finning è inaccettabile e crudele: oltre a rappresentare uno spreco di risorse che non ha giustificazioni, contribuisce a decimare le popolazioni di squali, fondamentali per mantenere in equilibrio la salute degli oceani, ma già in fortissimo declino in tutti mari del mondo a causa della pesca eccessiva e illegale».

Sulla vicenda è intervenuto anche il Distretto della Pesca e Crescita Blu di Mazara del Vallo: “In riferimento alle numerose e reiterate richieste da parte di organi di stampa in merito alla vicenda del motopesca siciliano fermato da Autorità Africane, si precisa che la ditta proprietaria del peschereccio in questione non è aderente al Distretto della Pesca e Crescita Blu. Si sottolinea, altresì, che il Distretto ed i suoi associati propugnano da sempre la pesca sostenibile e responsabile nel rispetto delle regole nazionali ed internazionali”.

Oltre a quello dell’Eighteen, le autorità hanno scoperto altri tre casi di pesca illegale, rispettivamente su due navi cinesi e su un peschereccio coreano. A bordo di uno dei due pescherecci cinesi sono state trovate 70 buste contenenti carcasse di squalo. Le autorità della Sierra Leone hanno ordinato a questi tre pescherecci di tornare al porto di Freetown per compiere ulteriori indagini.

«Quanto abbiamo rilevato in soli quattro giorni di monitoraggio nei mari della Sierra Leone è un’ulteriore conferma di come l’area dell’Africa occidentale abbia bisogno di rafforzare le proprie politiche di gestione della pesca», dichiara Ahmed Diame di Greenpeace Africa. «Le risorse marittime della regione si stanno esaurendo a una velocità allarmante, soprattutto a causa dei troppi pescherecci che competono per pochi pesci, spesso praticando pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata. Il saccheggio in corso è una minaccia per i milioni di persone della regione che dipendono dagli oceani per il loro cibo”.

Quasi la metà di tutte le navi presenti in queste acque è di proprietà di società cinesi, mentre il 40 per cento è di società dell’Unione europea. Greenpeace chiede una migliore gestione delle attività di pesca nei mari dell’Africa occidentale, in modo da mettere fine alla pesca eccessiva e illegale. I governi locali e le nazioni che hanno flotte di pesca operanti in queste aree, come l’Italia, gli Stati membri dell’Ue e la Cina devono assumersi maggiori responsabilità e lavorare congiuntamente per assicurare la legalità, la sostenibilità ambientale di queste attività e una distribuzione socialmente equa delle risorse. L’Esperanza di Greenpeace continuerà la sorveglianza di questi mari insieme alle autorità locali fino all’inizio di maggio”.

redazione

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