Categorie: Lettere

L’alibi per i “Giardini di Babilonia”

Quando furono messi in opera nella povera, inerme, indifesa, silenziosa Porta Nuova, l’alibi lo fornì a Tecnici, Amministratori e spassionati approvatori , la città di Bergamo in una piazza della quale – si disse con sussiegosa spocchia – erano stati visti e ammirati i Giardini di Babilonia che si impiantarono, scimmiottando, nell’antica gloriosa Piazza nostra di Porta Nuova per altro destinata dalla protezione civile a scopi ben diversi. E si disse che i nostri stupefacenti giardini artificiali che sorgevano accanto alla Villa Cavallotti, sempre a Porta Nuova, quasi a volerla snobbare e relegarla a ruolo servile di comprimaria trascurabile, avrebbero avuto un anno di vita; che dopo il Natale di quell’anno – ormai lontano – sarebbero stati smontati anche perché a carico della Piazza nostra era previsto un piano complessivo di rifacimento e di rielaborazione urbanistica. Da Bergamo che l’ha montata, Babilonia è tornata al suo posto nella sua regione e Bergamo si è liberata di quei giardini impropri nati per incanto dove mai erano stati e dove nessuno se li aspettava. Qui da noi sono rimasti: invecchiati, trascurati, con ruscelletti muti, con vegetazione rinsecchita e malaticcia: ci furono vigne, aranci mescolati a strelitzie, piante del caffè e qualche altro esotismo a ricordo delle Esperidi. Il tappeto verde artificiale continua a raccogliere avido sporcizia, insetti e batteri vari e microbi e animaletti non esotici.

I nostri Giardini di Babilonia resistono nel tempo lungo di Amministratori diversi e vengono gioiosamente sfruttati al mattino da studenti in vacanze autodeterminate e la sera e la notte a vantaggio di consuetudini che a Porta Nuova paiono ormai radicate nonostante tentativi di sorveglianza punitiva che finora ha lasciato il tempo che ha trovato. E quando più si leveranno di mezzo i Giardini di Babilonia nostri dei quali la Porta Nuova di Garibaldi, delle bande musicali, delle opere liriche, delle fiere e delle manifestazioni di una volta avrebbe volentieri fatto a meno? Sporchi, malandati, in vecchiaia affatto precoce, resteranno lì chi sa ancora per quanto tempo. E non sono solo una vergogna urbanistica. Sono una vergogna morale per vari motivi che non dico perché evidenti. Resteranno lì anche perché hanno fornito, ai nostri Amministratori, recentemente, e ai giovani e anziani e condiscendenti che ormai li amano, un altro fortissimo alibi con le palme e i banani piantati a Milano, in Piazza Duomo, e sorvegliati a vista dalla Madonnina dall’alto delle sue guglie contro “denigratori” e vandali che tentano di appiccare il fuoco, anzi l’hanno già fatto con successo, alle povere piante innocenti e indifese. Che dire? A stare ai servizi giornalistici le disapprovazioni sono popolari e multiple. Le discussioni sono auliche per lo più da parte dei geni dell’architettura urbana e dagli intellettuali di autonomo pensiero. Il mondo è cambiato. Quello che era storto è diventato dritto. Il brutto è diventato bello e viceversa. A me non resta che perseverare!

Gioacchino Aldo Ruggieri

redazione

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