“Anche questo Natale se lo semo…” è una citazione di un cinepanettone degli anni 80. Uno dei primi. Uno di quelli che più o meno tutti ricordiamo con nostalgia per due ragioni. La prima è che il cinepanettone non era ancora così stupido (ma solo molto leggero). La seconda è che dire “cinepanettone” non era ancora sinonimo di pupu (i bambini capiranno).
Quello che prima sembrava normale nel periodo natalizio (guardare un film di Boldi e De Sica mentre toccano le tette alla Parietti) oggi è sinonimo di ignoranza buia e massiccia. Una cosa straordinaria. Ma non succede solo a Natale, ormai il normale camuffato da eccelso lo troviamo tutto l’anno. Vedi il caso degli agenti Movio e Scatà. In un blog leggermente più famoso di questo, quello di Selvaggia Lucarelli, la stessa autrice sostiene che i due che hanno ucciso Amri non sono degli eroi. È chiaro, lei lo fa perché deve avere una posizione di contrasto come tutti i blogger di successo (scrivere l’ovvio non ti aiuta), deve far parlare di sè. Spesso non sono d’accordo con la Selvaggia nazionale, ma stavolta non penso che abbia tutti i torti. Hanno fatto il loro lavoro. L’hanno fatto bene sì, ma hanno scelto loro di fare quello che fanno nella vita. Quindi il normale diventa ancora una volta straordinario. Magari sono i social che ci hanno fatto perdere il contatto con la realtà e ingigantiscono tutto.
Succede anche con la solidarietà. Quella sbarbina che esiste, guarda caso, solo in questo periodo, come se nel resto dell’anno avessimo la patente per ignorare il prossimo.
Sono singolari manifestazioni di affetto verso un non meglio definito soggetto, solitamente un povero o un malato. E allora via di giacca e cravatta, inviti ad personam (perché non tutti sono degni di essere solidali, ci mancherebbe!), uno spettacolino di cabaret (magari sempre lo stesso) che fa sempre comodo per passare una serata, oppure una bella cena (con la pancia piena siamo tutti più magnanimi) e via di reclam: “Signore e Signori, noi ce ne fottiamo tutto l’anno ma siccome siamo in giacca e cravatta, siamo buoni e abbiamo raccolto 1000 euro“. Applausi.
Cifra che probabilmente servirà a comprare i cotton fioc per un paesino dell’Africa nera (mentre, a stomaco vuoto, quando toglieremo la giacca e la cravatta, scriveremo sui social che bisogna cacciare a calci nel sedere questi “neri” che ci rubano il lavoro e ricevono 35 euro al giorno…il festival dell’ignoranza) o per i terremotati di chissà quale città.
In questi casi il genere umano supera la fantasia dei migliori film futuristici degli anni 70. Ci vestiamo bene per dare una mano a chi non ha un tetto. È come se per aiutare i cleptomani, organizzassimo una caccia al tesoro.
Sono le cose che non hanno senso. La solidarietà, quella vera, si fa in silenzio. Il resto è quello che siamo oggi. Non siamo più la normalità, siamo apparenza, nel fare e nel pensare.
Quest’anno mi volevo segnare i nomi di tutti i messaggi che mi augurano serenità e pace di chi tutto l’anno si comporta peggio dei fratelli Duke di “Una poltrona per due”. Poi la pigrizia ha avuto il sopravvento. O forse non me ne frega niente. Sono gli stessi che dicono “fai gli auguri a Casa“. Troppo buoni. Non mi serve il messaggio a Natale, quindi “ricambio, a te e a tutto il palazzo“.
Ninny Bornice