Continua il sillabario e dopo la lettera L, in cui ho parlato di Libertà, oggi mi occupo della lettera D e scelgo la parola più usata e abusata dei nostri tempi: la Democrazia.
Sappiamo tutti dell’etimologia del termine e del suo rimando al governo del popolo di derivazione greca, anche se nell’antica Grecia la cura della polis era ben lontana dall’essere fondata su libere elezioni a suffragio universale.
Se si pensa che in Italia le donne votarono in una elezione politica per la prima volta nel 1946, si può ben vedere come la conquista del suffragio universale, senza il quale nessuna democrazia effettiva può ben dirsi di essere realizzata, è una conquista molto recente.
Eppure, mai come dall’avvento della diffusione di internet e dei social – facebook ha circa venticinque milioni di iscritti in Italia e un miliardo seicentocinquantamilioni nel mondo, la nazione più popolosa del pianeta – la parola democrazia è stata destinataria di così tanti attacchi e manipolazioni.
Nonostante si eleggano i Sindaci, e parzialmente i deputati e i senatori, molti italiani hanno maturato nel tempo – e non ci risparmiano dal farcelo sapere attraverso i social – una concezione personale e distorta della democrazia. Secondo tale diffusa concezione, la democrazia è un valore solo se conferma le loro convinzioni politiche.
E, si badi bene, questa patologia è trasversale, sconfina l’atavico arco costituzionale e abbraccia nefastamente la destra più retriva e la sinistra più estremista.
Due casi pratici? La Brexit inglese e il referendum costituzionale italiano del 4 dicembre.
In entrambi i casi, e il compianto Eco brinderebbe gioioso nella sua “Bustina di Minerva”, gli italiani – trasformatisi in commentatori politici – hanno elogiato o criticato i risultati a secondo del loro orientamento politico. E tutti insieme si sono uniti nell’emettere l’arduo verdetto: “il suffragio universale è una iattura”, “prima di votare occorrerebbe sostenere un esame”. “Non si possono affidare le sorti di un Paese agli ignoranti”. “Che si smetta di contare i voti e si ritorni a pesarli. Che diamine!”…
Ma le deformazioni del web, più o meno indotte, non si fermano qui. E’ notizia di pochi giorni fa che il governo Obama ha accusato gli hacker russi di essere intervenuti in aiuto di Trump per influenzare il voto presidenziale danneggiando la Clinton con i famigerati “fake”.
In un moderno gattopardismo strisciante universale, l’informazione deforma la verità e orienta gli elettori trasformandoli in tifosi, spesso involontari, di supposte credenze politiche, affinchè il Potere economico continui a dominare e ad accendere passioni politiche per perpetuare se stesso.
E la chiamano ancora democrazia…
Fabio D’Anna