“Lavorare lavorare preferisco l’odore del mare”, recita una scultura a San Benedetto del Tronto che riporta una celebre frase del poeta “fuorilegge” Dino Campana. Cosa c’entra direte voi. Mi sono sempre chiesta, però, se i veri fuorilegge siamo noi, o piuttosto chi la rivolta come un calzino nelle aule parlamentari. In vista del referendum del 4 dicembre, sulla riforma costituzionale che riguarda la parte inerente alla composizione del Parlamento, ho ripreso la lettura della Costituzione Italiana, in un libro che gode della prefazione del nostro acquisito concittadino Tullio De Mauro con nota storica di Lucio Villari. Quello che ho notato sfogliando la legge fondamentale dello Stato italiano, più la sua datata età – 1947 – è la sua composizione. Perchè a ben vedere, potrebbe essere, anzi probabilmente lo è, un testo letterario. E difatti De Mauro ci ricorda che i gruppi parlamentari che lavorarono alla redazione della Costituzione Italiana, nel farlo, si fecero influenzare dagli “Amici della Domenica” da cui nacque proprio negli anni ’40 il rinomato Premio Strega. E in quegli “Amici”, nei salotti buoni, si ritrovava la crème della cultura italiana: attori di teatro, letterari, filosofi, musicisti, pittori. Stiamo parlando di nomi come Guttuso piuttosto che Moravia. Non pare vero che i nostri padri costituenti partirono dalla cultura per redigere il pilastro della legislazione del nostro Paese. La politica che si presta ad aprirsi alla cultura e non viceversa. Tempi lontani, ahimè.
Oggi di quel testo, probo e di solide fondamenta, resta poco. Penso alla tutela dei paesaggi e alla terra dei fuochi, alla dignità della persona umana di cui all’articolo 32 e all’eutanasia non garantita, al diritto allo studio e a scuole non sicure, come quella di Amatrice. Penso all’esercizio democratico delle libertà dello straniero e alle barriere – più mentali che fisiche – di Ventimiglia, all’Italia che ripudia la guerra e che è avamposto militare. Penso all’articolo 27, “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità” e a Stefano Cucchi, a quel “La Repubblica è fondata sul lavoro” e all’alto tasso di disoccupazione soprattutto tra i giovani. E allora mi chiedo principalmente due cose: la prima è se veramente esiste oggi quella tripartizione montesquiana delle funzioni dello Stato, chi dovrebbe vigilare nel rispetto delle regole. La seconda , in vista del referendum, è più che altro una domanda a chi ci governa: dei tanti settori che potevate riformare, dalla scuola alla sanità, dal lavoro all’accesso alle cariche e agli uffici pubblici, perchè proprio l’assetto parlamentare? E’ questo un bisogno primario oggi, in Italia? Da qualsiasi parte la si guardi, questa riforma è un colabrodo: fa acqua da tutte le parti. A noi non rimane che l’odore del mare. Ah, no… le trivelle!