Categorie: Lettere

Vendemmia 2016, agricoltori marsalesi traditi dai tanti sciacalli

L’agricoltore marsalese, in questo periodo di vendemmia, si alza alle cinque e mezza. E si alza già di malumore. Il lavoro che ha svolto per una vita intera non gli da più soddisfazione, non gli da più i “frutti” sperati, non gli da più gli stimoli per continuare. E’ stanco, depresso, sconfitto. Si sente tradito, tradito da tutti. Dagli sciacalli del vino… Ma anche dagli intensivi controlli, che ad ogni inizio di campagna per la raccolta dell’uva minacciano il povero lavoratore agricolo come se fosse un criminale, mentre i criminali veri si arricchiscono con i sacrifici veri dell’indifeso lavoratore della terra. Ma soprattutto si sente tradito dai politici. I politici che vendono parole, menzogne, fumo. I politici eletti nel nostro territorio che parlano, promettono, criticano, consigliano, suggeriscono miracoli. Gli stessi politici che si fanno usurpare dai politici che stanno a Roma e in “Padania”, i soldi promessi ai disagiati della siccità e ai colpiti dalla peronospera in questi decenni. Il contadino marsalese è stato sempre una categoria di lavoratori troppo buona, che ha sempre creduto nelle parole dei finti potenti, delle loro promesse mai mantenute. Giocano con la pelle di chi la pelle già ce l’ha sciupata, secca, invecchiata. Giocano con la povertà vera di nuclei familiari desolati e impoveriti, pur avendo lavorato sempre tanto e falliti nonostante abbiano dato sempre un prodotto genuino ai vampiri del vino, quelli che poi con questo vino si arricchiscono. Io, figlio di agricoltore, ho pagato un litro scarso di vino bianco locale (e messo in una brocca), in una locale di Marsala molto frequentato, 9 euro. E’ vergognoso, scandaloso, da denuncia.

Il vitivinicultore ricava di lordo non più 10 centesimi di euro da un litro di vino. Il contadino marsalese mentre raccoglie l’uva pensa a tante cose che non vanno più: a come è cambiata la vendemmia in questi anni, a quanti sacrifici ha fatto per comprare qualche pezzo di terra, a come sarà la campagna dopo di lui. Pensa che lavora solamente per non fare perdere completamente tutto. Pensa anche che se lascia tutto, la pensione non gli potrà bastare mai per continuare a vivere. Pensa pure che tutto è vecchio: il camion, il trattore, l’auto e purtroppo è vecchio anche lui. Il contadino marsalese ha il conto aperto (piccoli ‘mmiogghi) con: il distributore di nafta agricola, il panettiere, il pescivendolo, il fruttivendolo, l’elettrauto, il gommista, il meccanico, il consorzio agricolo, la cartolibreria, la ferramenta, l’idraulico, la ditta dei materiali da costruzione. Il contadino marsalese a tutti questi vorrebbe essere rispettoso degli impegni presi ma sa che è entrato in un circuito senza uscita, non sa se i soldi che frutterà dal suo faticoso lavoro annuale potranno mai bastare per poter coprire tutte queste spese mutuate. Ma il contadino marsalese non si arrende, e spera. Spera in un futuro migliore, spera che ad arricchirsi con il vino in futuro non saranno solo gli “sciacalli” che lo gestiscono nella vendita, spera di poter avere almeno la buona salute che questa crisi economica ha profondamente colpito, ma non ancora affondato.

Enzo Amato

Claudia Marchetti

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