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Il rumore del tempo di Julian Barnes

Ho appena finito di leggere un libro e non so proprio che strada pigliare, forse perché mi sono messo a scrivere la recensione subito dopo aver sfogliato l’ultima pagina. È pur vero che un libro dello scrittore inglese Julian Barnes non può che essere considerato un evento culturale di portata internazionale e a maggior ragione in questo romanzo che s’intitola “Il rumore del tempo“, pubblicato in Italia dalla casa editrice Einaudi, che ha come protagonista un personaggio storico di un certo rilievo, il musicista russo Dmitrij Dmitrievič Šostakovi. Un artista di fama internazionale che visse durante il regime sovietico di Stalin e dei suoi successori subendo in diverse fasi della sua esistenza l’umiliazione di sottostare ai voleri di un potere ottuso, censorio e intimidatorio che sfruttò il suo ingegno per scopi poco nobili. Si tratta di un nuovo capolavoro dello scrittore inglese? Può essere paragonato ad un suo precedente romanzo, indubbiamente bellissimo, intitolato “Il senso di una fine”? È una nuova forma di romanzo? Non so se riuscirò a rispondere in maniera soddisfacente a queste domande ma riflettendo un po’, debbo dire che poche volte mi è capitato leggendo un romanzo di sottolinearne i passi significativi perché davvero belli, che ti inducono alla riflessione non solo sulla storia recente del mondo e sul disastro della dittatura sovietica ma più intimamente su alcuni stati d’animo del protagonista del libro, singolari perché singolare fu il suo genio musicale ma stramaledettamente umani. Leggendo questo libro, che può tranquillamente passare come una nobile biografia del musicista russo Dmitrij Dmitrievič Šostakovi, ti può capitare di riflettere su temi come codardia, coraggio, coerenza, lotta per la sopravvivenza, integrità morale o intellettuale. Da quale parte schierarsi? I fatti della vita di Šostakovi sembrano senza dubbio propendere per un giudizio negativo sull’uomo, un vigliacco. La scena del musicista russo che per un lungo periodo passa le notti sul pianerottolo di casa in attesa che vengano ad arrestarlo, per facilitare l’operazione e sperare in una clemenza da parte delle autorità del periodo staliniano, è emblematica. Ma noi, lettori delle vicende romanzate del famoso musicista russo come ci saremmo comportati al suo posto? Avremmo avuto il coraggio di ribellarci, saremmo stati capaci di sacrificare moglie, figli, ingegno per mantenerci coerenti e integri difronte alla barbaria delle purghe staliniane? Non lo so, anche se esistono figure esemplari della storia che hanno sfidato la morte per mantenere una dignità morale, politica o intellettuale, la maggior parte di noi vive un’esistenza poco incline ad atti di eroismo piuttosto pronta a dar ragione al potente di turno con l’aggravante che nessuno minaccia la nostra vita, che al massimo per esprimere le nostre idee potremmo andare incontro a lievi forme di ostracismo. La democrazia moderna poi non è immune da forme più o meno gravi di dittatura, di disprezzo delle regole fondamentali della libertà, di controllo delle informazioni, di manipolazione della verità. I regimi comunisti non esistono più ma in molti casi siamo ancora lontani dai valori fondamentali della democrazia. È il rumore del tempo che copre anche oggi la nostra musica come accadeva al povero Dmitrij Dmitrievič Šostakovi.

Attenti ai piccoli e grandi dittatori che vivono accanto a noi, il nostro capoufficio, il politico locale o il capo d’azienda ricordiamoci e ricordiamogli uno dei brani conclusivi di questo bel libro di Julian Barnes: “Provate a insinuarvi sotto la pelle di un tiranno moderno, a scendere in profondità, strato dopo strato, e scoprirete che la consistenza non cambia, che sotto il granito c’è altro granito; che non esiste caverna nella quale si annidi alcuna coscienza.”

Vincenzo Piccione

redazione

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