Ogni tanto, raramente per la verità, ci arrivano notizie di casi di buona sanità. Interventi chirurgici particolarmente difficili riusciti bene, soccorsi arrivati tempestivamente, aiuti e sostegni di natura anche psicologica, prestati dagli operatori sanitari ai pazienti. Noi abbiamo una convinzione e sappiamo per esperienza che i casi positivi fanno fatica a giungere agli onori della cronaca, per cui siamo convinti che gli episodi per così dire positivi, sono molti di più. Siamo convinti anche che di eccellenze in campo medico e paramedico nella nostra realtà, ce ne siano molte. La prova è che al nord in ospedali illustri, quelli di cui citiamo spesso il nome e a ragione, più della metà del personale è di origini meridionali. Sono bravi e cercano lavoro, la somma fa che riempiono le strutture di professionalità. Detto questo allora perché periodicamente riceviamo notizie dal mondo della sanità che definire allarmati è poco? Si tratta perlopiù di casi di disservizi che spesso hanno poco a che vedere con la professionalità degli operatori. Facciamo un esempio, se voi mettete un luminare della scienza medica al pronto soccorso di Marsala, avrete la certezza che il paziente sia in buone mani. Ma se opera da solo, coadiuvato da un paramedico, visiterà un numero limitato si soggetti. E gli altri? Gli altri attenderanno immersi tra un colore verde e uno giallo, che sono poi quelli dei cosiddetti codici che vi assegnano in base all’urgenza. Se un chirurgo è bravo, anzi bravissimo, e ce ne sono in servizio al Paolo Borsellino, ma ha disposizione una sola sala operatoria, quanti pazienti potrà, diciamo così, trattare? A chi spetta decidere queste cose? Si chiama politica sanitaria che non ha nulla a che vedere con la capacità degli lavoratori del settore. Ha molto a che vedere invece con i politici. Abbiamo detto tutto.