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La caduta delle consonanti intervocaliche di Cristovão Tezza

Tra le materie più belle che ho studiato ai tempi dell’Università di Palermo c’è sicuramente la Filologia romanza, disciplina insegnata dal protagonista principale del libro di cui adesso vi parlerò, docente universitario brasiliano in pensione che è sul procinto di ricevere un’onorificenza e ripassa la notte prima il discorso da tenere nel consesso accademico, in realtà tutto si trasforma in un percorso all’indietro negli eventi della sua vita passata.
Nella classifica delle discipline più difficili da superare nella facoltà di lettere di Palermo degli anni ottanta, la Filologia romanza occupava il secondo posto dopo il latino scritto. Non era solo una questione legata alla complessità della materia, il tutto dipendeva anche dalla titolare di cattedra, la professoressa Rinaldi, non so poi che fine abbia fatto, sarà sicuramente in pensione, ma molti sotto le sue grinfie non superavano gli esami. Sono stati i mesi più belli dei miei studi universitari e attraverso gli impegnativi sforzi per apprendere le origini delle lingue romanze o la pronuncia del francese antico ho scoperto che il piacere della conoscenza si trova solo dopo aver percorso strade irte di difficoltà. Heliseu da Motta e Silva è molto diverso dalla mia prof di filologia romanza, ma il lungo soliloquio, che occupa tutto il romanzo, in cui l’anziano professore non risparmia citazioni deliziose tratte da tutte le lingue neoromanze e dal latino, mi ha fatto fare un viaggio a ritroso nel tempo ricordando i miei studi universitari. E’ dunque un libro bello quello che vi propongo, una scrittura insolita, un modo di narrare che mai trovereste nei libri che fanno classifica negli ultimi tempi e vendono tante copie. “La caduta delle consonanti intervocaliche” di Cristovão Tezza, amabile scrittore brasiliano, ancora poco conosciuto in Italia e pubblicato dalla casa editrice Fazi, usa un modo per raccontare i fatti singolare, viene subito da pensare al grande scrittore italiano Antonio Tabucchi, non a caso amante della cultura portoghese, e al suo splendido “Sostiene Peirera”. Un racconto che si presenta come un flusso continuo di pensieri del protagonista che sembra compiere cerchi, ellissi, giravolte,insomma giri di parole che ritornano piacevolmente più volte sugli stessi fatti.Il professore Heliseu pur essendo stato travolto in qualche modo dagli eventi della vita sembra mantenere quel placido distacco, quasi epicureo, dalle tempeste dell’esistenza. Lo si capisce dai lenti e metodici gesti che accompagnano il protagonista prima di raggiungere l’università per l’ambito riconoscimento. Non è un ‘eroe il nostro professore brasiliano, poco amato dai colleghi, distante cautamente dalla politica, ha una moglie, morta tragicamente e un difficile rapporto con il figlio. Eppure il professore Heliseu all’età di quarant’anni si innamora di una studentessa di origini francesi ed ebrea, Therese. La storia narrata è interessante, non del tutto scontata, ma in un vero romanzo ciò non basta, la materia narrativa diventa tale se imbevuta da altri ingredienti, uno lo abbiamo già sviscerato mentre l’altro si trova tutto nell’erudizione del professore Heliseu, quasi tutte belle e piacevoli le citazioni che come un vero libro deve fare ti lasciano un piccolo bagaglio di nuove conoscenze. Mi sento di ringraziare il professore Heliseu da Motta e Silva, sarà stato un vigliacco nelle sue scelte di vita medio borghesi, ma spiegarci in più passaggi, ogni volta in modo diverso la nascita della lingua portoghese attraverso la caduta delle consonanti intervocaliche è da grande intellettuale che quasi sempre non sa vivere ma conosce il mondo. Poiché siamo in vena di ringraziamenti, un grazie infinito anche alla mia prof di filologia romanza, che a scanso di equivoci e a smentire tutte le chiacchiere malevoli di studenti svogliati nei corridoi dell’università, fu gentile, corretta ed equilibrata durante il mio esame di Filologia romanza.

Vincenzo Piccione

redazione

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