Categorie: AperturaUna tazza di sale

Marsala e la decadenza

La flemma esanime, la deriva della criminalità, la noia e la decadenza della fiducia. Marsala, senza dubbio, da qualche anno, sta vivendo il suo medioevo. Un’epoca di oscurantismo in cui si osserva, quasi inermi, la fine dei fasti del passato, senza essere capaci di sognare un futuro. In poche settimane abbiamo assistito alla colonizzazione delle nostre campagne da parte di distese di canapa indiana. E purtroppo non si è trattato di una virata verso l’industria tessile, ma piuttosto dell’opificio che alimenta, a lungo andare, carceri e comunità per tossicodipendenti, oltre che le tasche dei delinquenti. Che non si tratta di orde di improvvisati lo hanno detto gli stessi inquirenti che più volte hanno parlato di criminalità organizzata. E nemmeno la più grande pietra sul cuore: l’assassinio del maresciallo Silvio Mirarchi – nonostante sia un lutto di tutti che ha portato in Chiesa Madre autorità e migliaia di cittadini in lacrime – nemmeno questa tragedia è servita a risvegliare la “Wille zu Leben”, la volontà di vivere, di esserci, di andare avanti nella rivalsa della gente per bene. Nelle scorse ore anche la DIA – direzione investigativa antimafia – sta puntando lo sguardo sul nostro territorio. “L’assetto societario delle imprese impegnate nel cantiere, i rapporti contrattuali in essere, le maestranze identificate ed i mezzi d’opera individuati, saranno soggetti ad accertamenti e riscontri al fine di rilevare criticità legate ad eventuali condizionamenti da parte della criminalità organizzata”, scrivono gli investigatori in una nota inviata alla stampa. Si tratta di una cosa piuttosto insolita. È strano che gli inquirenti facciano sapere che stanno indagando. Di solito ci informano a cose fatte. Quando gli arresti sono stati convalidati, le denunce formalizzate e la CNR già depositate. Che si scriva in fase investigativa fa riflettere. O si vuole mettere ansia alle aziende controllate in modo che compiano un passo falso utile a scoprire illeciti già ipotizzati, o si intende invitare chi sa a collaborare. Le mie sono supposizioni che si inscrivono in un quadro che ha come cornice la città di Marsala che, dal canto suo, continua tristemente a infiacchirsi. Poche ore fa persino un treno ha attraversato i binari a barriere aperte. Sui social è seguita una breve discussione tra indignati, ma niente altro. È una metonimia della nostra situazione. E così procedendo verso altri lidi.

In politica l’assessore al ramo non riesce ad organizzare MarsalaEstate: per risposta la commissione consiliare si scioglie. È un “gettare la spugna” a catena e a farne le spese sono i nostri giovani, destinati ad andarsene per l’ignavia dei propri genitori, delle classi dirigenti, di amministratori distaccati dai bisogni della gente. L’unica soluzione è bandire chi preferisce agire “pro domo sua”, per dirla con Cicerone, piuttosto che per la “res publica”. Se così non sarà la miopia dei padri diventerà la fine dei figli, producendo in pochissimi anni una città di centenari e senza ragazzi. Urge un moto di vitale orgoglio, di consapevole ammissione dello status quo, non per rimediare – è tardi per farlo –, ma per costruire, sognare, inventare una città nuova fatta di gente che ascolta la gente e di Stato che faccia della legalità il volano dell’economia. Occorre aprire le porte e spegnere i luoghi bui dove si annida il male. Legalità, futuro e progetti visibili. Null’altro che questo e Marsala “un giorno sarà bellissima”.

Chiara Putaggio

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