Ricordate i casi di assenteismo dei comuni di Sanremo, Acireale e dell’Asl di Lecce? Allora l’indignazione portò a soppesare i tanti interessi in gioco: quello di lavoratori furbetti che per le loro fughe dal lavoro e per i cartellini timbrati dai colleghi (che sembrava avessero tra le mani le figurine Panini) avevano messo in pericolo il proprio posto di lavoro ed il sostentamento delle loro famiglie; quello degli utenti a cui non viene garantito un servizio e quello delle nuove generazioni che un concorso alle Pubbliche Amministrazioni oggi, se lo sognano. A fugare ogni dubbio arriva una sentenza della Corte di Cassazione. La Sezione del Lavoro ha precisato che le norme che regolano il licenziamento degli impiegati statali non è disciplinato dalla legge Fornero – e neanche dal successivo Jobs Act – ma dall’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. Dunque anche i dipendenti pubblici potranno essere licenziati senza obbligo di essere reintegrati come quelli privati.
Diverse sono state le pronunce giuridiche e tutte non univoche anche perché il Governo tende a mantenere le differenze tra pubblico e privato. Ed infatti l’Esecutivo resta del parere di separare i due tipi di lavoratori: ciò avverrà con il decreto sui licenziamenti dei dipendenti pubblici assenteisti che prevede la sospensione in 48 ore di chi viene colto in flagrante o ripreso in video. Ciò confluirà nel Testo Unico del Pubblico Impiego, ma al momento si trova in Parlamento tra Camera e Senato. La decisione della Cassazione ha così accolto un ricorso del Ministero delle Infrastrutture contro un funzionario licenziato perché faceva il doppio lavoro e al quale la Corte d’appello di Roma, aveva riconosciuto 6 mesi di indennità risarcitoria. Una battaglia che in parte è stata vinta dalla Madia. Solo che adesso l’articolo 18 sta vivendo una resurrezione, mentre i sindacati stanno portando avanti la campagna di raccolta firme per la Carta dei diritti universali del lavoro.