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Nel nome di Silvio Mirarchi

Ancora una volta, oggi, il pensiero di tanti andrà a Fabrizio De Andrè e a quella strofa di “Don Raffaè” in cui si fa riferimento a uno Stato che “si costerna, si indigna e s’impegna, poi getta la spugna con gran dignità”. Un’immagine che il cantautore genovese aveva mutuato dal ricordo delle ricorrenti cerimonie funebri che costellarono gli anni Ottanta in Sicilia. Una stagione luttuosa, che vide cadere uno dopo l’altro magistrati, poliziotti, carabinieri, servitori di uno Stato che troppo spesso non seppe proteggerli. La rabbia civile di quel testo, è tornata a tormentarci in queste ore, di fronte all’omicidio di Silvio Mirarchi. Abbiamo letto tante dichiarazioni istituzionali di cordoglio da parte delle massime cariche dello Stato. Abbiamo ascoltato parole di conforto e di buon senso, che però ci sono sembrate anche estremamente astratte. Perchè pochissimi rappresentanti delle istituzioni immaginano cosa voglia dire lavorare in una Stazione dei Carabinieri di periferia, con altri quattro-cinque colleghi a fronte di un territorio che sembra una versione ridotta del Grand Canyon e che negli anni ha accumulato un crescente numero di episodi criminosi. Si può decidere di limitarsi a qualche posto di blocco in attesa di un trasferimento in altri siti un po’ più controllabili. O si può decidere di fare il proprio dovere con ancora maggiore determinazione, anche se si corre il rischio di rimanere frustrati, come bambini che provano a svuotare il mare con un secchiello. In un Paese in cui non sempre il senso del dovere si trasforma in pratica quotidiana, alla Stazione dei Carabinieri di Ciavolo, evidentemente, l’idea di lasciare arricchire i coltivatori di canapa e i loro sodali appariva inaccettabile. Chi oggi verrà a Marsala per ricordare Silvio Mirarchi o invierà un telegramma dalla propria sede istituzionale, dovrebbe quindi trovare altrettanto inaccettabile che un esemplare servitore dello Stato venga ucciso nel corso della propria attività di perlustrazione. Ma anche che nella provincia di Matteo Messina Denaro si continui ad affrontare le varie anime della criminalità organizzata con una cronica carenza di uomini e mezzi. O che a Marsala il Commissariato di Polizia disponga di una dotazione organica di sole 49 unità (rispetto alle 68 previste) e che gli operatori della giustizia si ritrovino a lavorare sei mesi senza un Procuratore Capo e un Presidente del Tribunale. Oggi, o nei prossimi giorni, ci aspettiamo dunque provvedimenti concreti su questo fronte, in modo che chi in queste ore sta operando in continuità con il lavoro di Silvio Mirarchi possa davvero sentire la presenza concreta dello Stato al suo fianco. Altrimenti si sarà fatta, per l’ennesima volta, solo retorica.

Vincenzo Figlioli

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Tags: Silvio Mirarchi