Carissimi amici, fratelli e sorelle,
sono passate ormai alcune ore dal tragico e indicibile terremoto che ha fatto tremare tutto l’Ecuador e ha colpito barbaramente le provincie di Manabì, Esmeraldas, Guayas e altre zone limitrofe.
Nonostante sappiamo che l’Ecuador è un paese a rischio sismico, ogni volta è un trauma inimmaginabile; gli ultimi terremoti gravi sono avvenuti: il 12 dicembre del 1979 di 7.9 gradi con 800 morti nella costa ecuadoriana e colombiana; poi, il 5 marzo del 1987 di 6.8 gradi nella provincia amazzonica del Napo con 300 morti; infine, il 28 marzo 1996 nella provincia del Cotopaxi con 5.7 gradi e circa 70 morti.
In questi giorni, il lavoro di raccolta dati e di conoscenza della realtà del sisma non è facile e più passano le ore, più i numeri del dramma aumentano; si parla ormai di oltre 500 morti, circa 2.000 feriti e approssimatamene 200 mila persone danneggiate.
Non è facile raggiungere le tante comunità dislocate nelle periferie, a causa della lontananza dalle vie percorribili, tra l’altro molte delle quali sono state chiuse per le frane ed altre divise a metà.
Un terremoto di 7.8 registrato sabato 17 aprile alle 18:58 che ha cambiato il volto di questo bellissimo paese; adesso, tutto da ricostruire, soprattutto la zona costiera. Le città più colpite sono: Pedernales, Cojimies, Crucita, Portoviejo, Jama, Manta, Chamanga, Muisne, Esmeraldas, Guayaquil ….alcune di queste sono state ridotte a macerie, totalmente distrutte.
Istituzioni pubbliche, militari, polizia, organizzazioni sociali e politiche, chiesa e privati, siamo tutti in movimento per una gara di solidarietà ma anche una corsa contro il tempo per salvare quante più vite umane possibili. Il lavoro di tutti ma soprattutto della Croce Rossa e di tanti volontari è instancabile e incalcolabile; come anche la collaborazione e solidarietà internazionale che è già cominciata ad arrivare.
Scrive il vescovo di Riobamba: “Sono momenti in cui le differenze e i colori politici, sociali o economici rimangono relativizzati e diluiti in mezzo alla tragedia. E’ il momento di sentirci fratelli, amici e compagni. E’ il momento in cui Dio ci vuole umili, resistenti, solidari e fraterni. E’ il momento di seminare speranza. Per disgrazia siamo esperti nel sopportare. Così a poco a poco, la disgrazia si va convertendo in grazia. L’emozione per il dolore è sostituita per l’emozione di collaborare e di fare tutto il possibile per portare il paese avanti”. (Mons. Julio Parilla).
La televisione ha trasmetto l’amaro commento del presidente Rafael Correa: “Ci vorranno mesi e anni per ricostruire tutto questo, e costerà miliardi di dollari”.
Tra le macerie hanno perso la vita la missionaria suor Clare Crocket (irlandese, da 15 anni in Ecuador) e 5 postulanti: Jazmina, María Augusta, Maira, Valeria e Catalina delle suore “Siervas del Hogar de la Madre” di Playa Prieta. I soccorritori sono riusciti ad estrarre, vive ma ferite, le altre tre suore della comunità, ora ricoverate in ospedale: suor Estela Morales (spagnola), suor Merly (ecuadoriana), suor Thérèse Ryan (irlandese), e due postulanti ecuadoregne: Guadalupe y Mercedes. Le “Siervas del Hogar de la Madre” gestiscono una scuola sulla Costa che, secondo le reti sociali della zona, è stata completamente distrutta dal terremoto.
Muisne è un’isola che sabato sera è stata evacuata completamente; le suore comboniane mentre celebravano il cinquantesimo dell’anniversario della loro presenza nell’isola si sono viste circondate dall’acqua del mare che invadeva l’isola e insieme a tutti gli abitanti in canoe si sono rifugiati nella terra ferma, in alberghi preparati al momento, in cui c’era solo il pavimento per mettere a terra una coperta, un cartone o un plastico per dormire e passare la notte.
Stiamo parlando di un’isola con più di sei mila persone, gli aiuti e i viveri non sono arrivati in tempo a causa delle strade inagibili. Da alcune testimonianze: “Era triste vedere come la gente correva, si abbracciava, gridava e le case cadevano, peggio ancora quando è andata via la luce. Tutti siamo stati presi dal panico” (Carlos Delgado volontario salvavita). Antonia Bone di Muisne reclama l’attenzione delle autorità: “non so che è peggio. Quello che è successo (terremoto) o l’abbandono delle autorità dopo il terremoto”
In questo momento, sto prendendo contatti con alcune famiglie che hanno perso la casa nelle zone più coinvolte di Esmeraldas, specialmente l’isola di Muisne, per un possibile intervento di aiuto e di solidarietà. Questa isola mi è molto cara perché ho trascorso un anno del mio diaconato e dove ancora mantengo una grande amicizia con molti di loro e con alcune organizzazioni per la difesa delle Mangrovie.
Tutti coloro che leggeranno questa mia lettera sono invitati a chiedersi: E’ il momento di vivere l’anno della misericordia, con un gesto concreto a favore delle popolazioni ecuadoregne colpite dal tragico terremoto di sabato scorso? Chi desidera collaborare e darci una mano può contribuire per mezzo dell’Associazione Amici del Terzo Mondo di Marsala o altre istituzioni che organizzano delle raccolte per l’Ecuador.
Pur con il cuore angosciato per tutto quello che è successo, rimango ancora pieno di entusiasmo e di speranza, in questa terra che mi permette di condividere la mia missione nell’impegno per costruire un mondo migliore, ora più che mai rimango a condividere la storia di questo popolo.
Ringrazio tutti per la vostra amicizia, vicinanza, per le vostre preghiere e per la vostra solidarietà che tante volte mi avete manifestato. Un Grazie enorme e Dio vi Benedica.
Vostro missionario
padre Enzo