Probabilmente Sigmund Freud ebbe molti eredi illegittimi, o molti lo si spacciarono senza averne titolo alcuno, così, solo per il gusto di condividere le proprie sconclusionate impressioni. Ma uno psicologo, anche il meno capace, riesce a comprendere che prima di azzardare una diagnosi bisogna documentarsi, analizzare e conoscere il paziente personalmente (l’argomento, in questo caso), senza rifarsi al classico sentito dire, o almeno verificando l’attendibilità delle fonti. Nell’odierno panorama politico il MoVimento 5 Stelle rappresenta una novità scomoda, non perché sia dotato di mezzi di comunicazione all’avanguardia, di potenti risorse finanziarie per campagne elettorali sontuose o di menti eccelse e fini strateghi, niente di tutto questo. Ma un vantaggio enorme lo ha: chi ne fa parte ha conosciuto, o quanto meno subito, le logiche dei partiti sulla propria pelle, nauseandosene abbastanza da voler abbracciare un’idea completamente agli antipodi. Per un partito tradizionale conta solo una cosa: la vittoria alle elezioni! Le idee ed i programmi servono solo ad accattivarsi i voti degli indecisi, gli ideali si tirano in ballo per smuovere i sentimenti dei nostalgici, le regole non esistono, e se esistono si aggirano o si infrangono. Per tutto il resto bastano i soldi, tanti soldi, da recuperare successivamente. Ah già, quasi dimenticavo le promesse… Il MoVimento ha dimostrato più volte che regole e programmi vengono prima delle vittorie, e che si è disposti addirittura a rinunciare a sindaci o parlamentari eletti, privandoli del simbolo, qualora contravvenissero a quanto sottoscritto precedentemente. Chi, privo di interessi personali, ha militato in un partito e successivamente si è avvicinato al MoVimento ne ha tastato con mano l’orizzontalità democratica, ove ogni individuo è libero di esprimere pareri e proporre idee nell’interesse del bene collettivo (non personali, quello si chiama voto di scambio), certo che verranno ascoltate e votate dagli attivisti. Naturalmente chi si documenta attraverso i media o le testate giornalistiche trarrà giudizi totalmente differenti, incosciente (o incurante) del fatto che la libertà di stampa in Italia è un’utopia (oltre il settantesimo posto nelle classifiche mondiali), ma per questo basterebbe indagare su chi li sovvenziona, in un modo o nell’altro. Per quanto riguarda i corsi e ricorsi storici è vero che spesso le vicende umane tendono a ripetersi, ma a tal proposito focalizzerei l’attenzione sulla proposta di un leader di cambiare nome al proprio partito usando la sola parola “Democratici”, evitando di aggiungerci “Cristiani” nonostante l’intento sia quello. In fondo loro mangiavano e facevano mangiare…
Bartolomeo Prinzivalli