L’intervista rilasciata dal maestro Vito Linares e pubblicata su “Marsala C’è” suscita alcune considerazioni. L’asprezza dei toni usati dal maestro nei riguardi di quanti amano dipingere secondo canoni tradizionali ha raggiunto punte così avanzate da tradursi in disprezzo e dileggio. E’ il caso di far notare che in tutte le civiltà, anche anteriori a quella dall’antica Grecia, gli esseri umani nell’esprimere il proprio modo di sentire, di manifestare atteggiamenti, emozioni e visioni della vita si sono contrapposti lungo due versanti antitetici: l’apollineo e il dionisiaco. Il primo è proprio di chi cerca, trova ed esalta l’armonia in se stesso, nel rapporto con gli altri esseri, con la natura e dà luogo a composizioni euritmiche, eufoniche, all’approdo felice ad un vissuto irenico che attinge al sublime nella poesia, nella danza ed in tutte le dimensioni dell’arte. Il secondo versante, al contrario, è popolato da quanti sono invasati dallo slancio dionisiaco, dalla trasgressione delle regole codificate. Recentemente la contrapposizione dei due versanti è stata definita come quella degli apocalittici e degli integrati. A ben vedere, però, chi non intende osservare regole e canoni codificati finisce con l’assumere tale rifiuto come un dogma per se stesso. I dionisiaci si agitano, si contorcono e non trovano riposo in mete che soddisfino la loro ansia di ricerca, la loro bramosia di novità e di originalità esasperata ed ostentata smisuratamente. E’ appena il caso di sottolineare che entrambi i versanti sono produzioni umane ugualmente da rispettare e meritevoli di cittadinanza nel mondo della cultura e della convivenza civile. Peraltro, come in qualsiasi dialettica, la tesi e l’antitesi si equivalgono come valore essendo legate da un nesso di reciprocità come gioia e dolore, luce e tenebre, eros e tanatos. La posizione del maestro Linares appare collocata in un’irriducibile estremismo semplificante di chi non accetta né tollera un modo di concepire e di fare pittura diverso dal suo. Da qui il rifiuto, il disprezzo e l’ostracismo dei figurativi e dei naturalisti. Egli, probabilmente, non sa che per l’epistemologo Edgar Morin “la semplificazione costituisce la barbarie del pensiero, mentre la complessità è la civiltà delle idee”.
Nicola Piazza
Gentile Nicola Piazza,
il riferimento che Lei fa in questa lettera, è al mio articolo pubblicato sul Marsala C’è del 24 novembre scorso sulla mostra “Unicuique Suinum” di Vito Linares. In realtà non si trattava di un’intervista all’artista, bensì di un articolo-recensione che ha solo raccolto una dichiarazione di Linares. Mi trova d’accordo sul fatto che, sin dalla preistoria, l’uomo si esprimeva nelle più varie forme artistiche in piena libertà e sono convinta che disquisire di arte oggi, in una società che punta sempre meno sulla cultura, sia un alto momento di condivisione. La mia recensione mette in evidenza la provocatoria mostra di Vito Linares, quale intento dell’artista, di partire dal cibo spazzatura per raccontare una più ampia cultura-spazzatura insita nell’arte così come nella scultura, nel cinema come nella musica. E’ la mancanza di ideali e di valori, resa più solida dai messaggi che passano in tv – ora di infondati allarmismi, ora di falsi miti – che ha prodotto nella nostra società quella che è una sotto-cultura. Non difendo Linares, il mio compito è quello di raccontare in modo critico ciò che ci circonda, ma l’artista non ha voluto disprezzare nessuno in generale ed in particolare, né tanto meno rifiutare l’arte altrui, visto che ha organizzato collettive di pittura condividendo gli spazi con altri artisti del territorio. Lei cita Morin, io Andy Warhol: “La più eccitante attrazione è esercitata da due opposti che non si incontreranno mai”, forse è questa la magia dell’arte.
Claudia Marchetti