Categorie: Letture condivise

Il grande male di Georges Simenon

È di nuovo il turno di Simenon! L’ho detto più volte in altre occasioni: è il mio scrittore preferito.

Ogni tanto, ne sono ogni volta più convinto, bisogna prendere in mano un libro di Simenon per scoprire la bellezza della scrittura letteraria e capire che tante volte scrivere è un’attività dove è più facile aggiungere che togliere: ridondanza di vocaboli, contorcimenti sintattici e descrizioni inutili. “Il grande male” è un libro del 1933 eppure conserva la freschezza di un romanzo appena pubblicato e questo aspetto bene l’ha inteso la casa editrice Adelphi che a scadenza regolare ripubblica tutte le opere di Simenon che come ben sapete possono innanzitutto essere suddivise in due grandi categorie: romanzi polizieschi con protagonista l’ispettore Maigret e romanzi, in molti casi pubblicati sotto vari pseudonimi, in cui Simenon si cimenta nella fiction narrando storie dall’ambientazione più disparata e dalle trame davvero avvincenti. “Le haut mal”, questo è il titolo originale dell’opera, dovrebbe senza ombra di dubbio appartenere alla seconda categoria, ma sin dalle prime pagine si colgono una serie di elementi che fanno pensare ad un libro in cui da qui a breve dovrebbe comparire l’indolente ispettore Maigret. Nel testo viene commesso un omicidio ma non è un giallo, viene intrapresa un’indagine ma a condurla in maniera disastrosa e inconcludente non è un ispettore alla Maigret. L’ambientazione però è quella folgorante dei gialli Maigret, l’atmosfera brumosa del Porto delle nebbie. Ci troviamo in una fattoria nella campagna francese vicino al mare nei pressi del Golfo di Guascogna, zona rinomata per la coltivazione dei mitili, che in qualche modo ha un ruolo seppur marginale nella narrazione.

Il titolo potrebbe indurre il lettore nell’errore di immaginare una sequela di orrori, ma il male può essere banale, scontato come spesso accade nei fatti di cronaca dove al cospetto di omicidi che suscitano indignazione nell’opinione pubblica, a tal punto da scatenare la caccia alle streghe, si scopre poi l’orrore ben più complesso in cui l’assassino è la moglie o il marito se non addirittura il figlio.

Sembra un manuale di scrittura creativa, soprattutto le prime pagine sino al momento del delitto che sorprendono il lettore. Non te lo aspetti, si parla d’altro, fai fatica ancora a capire cosa potrebbe accadere che subito accade e in una maniera sorprendentemente semplice. Tutti sanno chi è il colpevole eppure il magistrato non riesce ad incastrarlo nemmeno in seguito ad una testimonianza che si avvicina parecchio alla verità. Forse il libro fu scritto poco prima che la geniale inventiva di Simenon creasse il personaggio Maigret tuttavia proprio l’assenza dell’ispettore rende questo testo interessante dal punto di vista critico facendoci meglio apprezzare alcuni aspetti narrativi che nei romanzi Maigret restano sullo sfondo. Tuttavia non bisogna dimenticare che probabilmente l’autore abbia voluto evidenziare in questa opera gli aspetti banali e drammatici del male. Un bel libro, che aspettate ad acquistarlo?

Vincenzo Piccione

redazione

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