Ci mancava solo la pioggia di Ferragosto a bagnare l’umido, a far traboccare i tombini colmi dei nostri scarti, a inscenare un’estate afosa di lampi, come le mezze stagioni che non ci sono più, come le intese fragili, come i facili cambi di casacca al Calcio mercato. Come un sole che sale sul carro del vincitore per poi scenderne alla prima nuvolata, come “Piove Governo ladro!”. Un vaso di Pandora che prima o poi fa emergere i mali della società. L’estate non è ancora finita e pensare che di cose se ne sono fatte. I parcheggi nei litorali, la sicurezza in Città, gli appalti all’Acquedotto, al cimitero, il verde pubblico, l’assetto all’interno della macchina amministrativa, il rimettere tutti in riga. In fin dei conti sono trascorsi appena due mesi dal ballottaggio che ci ha consegnato un sindaco dopo un anno di commissariamento. Bisognerebbe dare la fiducia che abbiamo perso ai nostri eletti, ma quando si accatastano i rifiuti, manca l’acqua in casa, la strada è piena di buche, poco ci interessa di chi parla in politichese. Non lo capiamo, c’è poco da fare. E non lo capiamo per il vero, anche perchè siamo stati troppo poco educati al rispetto dell’ambiente che ci circonda, e adesso cosa pretendiamo? Piove e fa caldo perché è arrivato il tempo del “tutto subito”, non si può più attendere. La bilancia dei due pesi e due misure è piegata da un lato, perché ci si deve rimboccare le maniche ed uscire dal torpore. Soprattutto dopo anni di magra, di investimenti sbagliati, di cose mai finite, di opere abbandonate, di spending review, di scuole dissestate. Noi siamo pronti a sacrificarci per la patria, a proporci se solo si riuscisse a uscire dalle bieche logiche di potere. Il “mi dimetto”, “non mi dimetto”, “arrivano le deleghe”, “niente deleghe”, le provocazioni, le intimidazioni, hanno caratterizzato la nostra estate calda più dei palazzetti mai più aperti, più della pulizia nelle spiagge, dei lavori nelle scuole, del rifacimento delle strade, dell’illuminazione, della spazzatura e delle discariche a cielo aperto. Ora abbiamo una squadra che lavora, e speriamo che riesca a lavorare al di fuori delle polemiche politiche, che capisca (e che lo capiscano anche dirigenti e funzionari) che c’è un uomo al comando, un capitano, su cui convergono decisioni e prese di posizioni, che si prende anche le responsabilità se è necessario. Nessuno dovrebbe prendergli la scena, lasciamolo lavorare in pace e cerchiamo di aiutarci, siamo una comunità troppo provinciale che si spartisce le briciole piuttosto che innalzare la bandiera de “L’unione fa la forza”.