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Chiusure domenicali, il direttore del Museo Lilibeo Marisa Famà: “E’ la sconfitta del buon senso”

C’è una parola che da alcune settimane caratterizza le domeniche di molti marsalesi: mortificazione. Risulta difficile, infatti, spiegare ai gruppi di visitatori che arrivano in città per visitare il Museo Lilibeo e la Nave Punica le ragioni per cui uno dei fiori all’occhiello dell’offerta culturale marsalese resti chiuso al pubblico proprio mentre la stagione turistica sta per cominciare. Di fronte alle difficoltà, dovute alle risorse sempre più limitate della Regione per gli straordinari del personale a fronte delle rivendicazioni dei sindacati, resta infatti la sensazione di aver mostrato ancora una volta a chi arriva in Sicilia una cultura dell’accoglienza approssimativa e un’evidente incapacità di risoluzione delle controversie. La vicenda ha inizio il 9 marzo, con una disposizione temporanea del Dipartimento Beni Culturali della Regione Sicilia in cui si comunicava che, a partire dalla suddetta data, soltanto i siti più importanti (Taormina, Siracusa, Piazza Armerina, Selinunte…) potevano rimanere aperti le domeniche e i festivi. Gli altri, compreso il Museo Lilibeo di Marsala, sarebbero rimasti chiusi fino a nuovo ordine, a causa delle carenze delle risorse. Tutto ciò, era legato alle ultime richieste dei sindacati rispetto al pagamento degli straordinari per i lavoratori in servizio durante i festivi. A quel punto, il direttore del Museo Lilibeo Marisa Famà aveva comunque trovato un escamotage per ovviare alle chiusure domenicali: “Nella circolare si evidenziava infatti che i siti che avevano in servizio almeno tre unità di custodia, avevano la facoltà di restare parzialmente aperti al pubblico. Vista la presenza di tre persone, ho deciso di aprire metà museo. In particolare, la sala della Nave Punica e la saletta delle anfore. Lo abbiamo fatto per tre settimane consecutive. Finchè, il 30 marzo, non è arrivata una contestazione da parte di tutti i sindacati, Cobas escluso, in cui mi si accusava di aver messo a rischio il patrimonio del Museo e la sicurezza del personale, oltre che di aver violato gli accordi sindacali”. A quel punto, si è tentata la strada della contrattazione decentrata, in seguito alla quale dai sindacati è arrivata una nuova rivendicazione, con l’aumento del personale di custodia in servizio fino a 6 unità. “Consapevole della carenza di risorse – spiega la Famà – ho manifestato il mio totale dissenso e ho chiesto che si riunisse presso il dipartimento il tavolo paritetico per la risoluzione delle controversie, per vedere se c’è la volontà di trovare una soluzione”. Per un motivo o per un altro, però, il tavolo paritetico non è stato ancora convocato. “Sto vivendo questa situazione con un grande senso di frustrazione – concludere il direttore del Museo -. Mi sembra la sconfitta del buon senso”.

Vincenzo Figlioli

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