EXPO 2015 vive da quasi un paio di settimane e ne abbiamo parlato con chi l’ha già frequentata più volte: l’avvocato Diego Maggio, vice Presidente nazionale dei Giuristi del Vino e anima dei Consorzi del Marsala d.o.c. e del Pantelleria d.o.c.. Alla esposizione universale, il nostro concittadino ha portato il messaggio della nostra risorsa principale: il vino e il suo contesto, costituito da regole ma anche da tradizione, radici, appartenenza, sentimenti. Cioè proprio quanto lui vive come unamission da circa trent’anni, dedicandovi energie e studi (anche giuridici) tutti finalizzati alla valorizzazione di beni culturali e colturali, quali uno stile di vita mediterraneo, i nostri paesaggi tipicizzati da vigneti e beni archeologici, nonché le pratiche agricole che qui si tramandano da generazione in generazione. “Expo – riferisce Diego Maggio – va vissuta come occasione per trasformare questa crisi spaventosa in una festa armoniosa. Abbiamo sottovalutato questa straordinaria opportunità, ma possiamo recuperare e sintonizzarci su una lunghezza d’onda – quella legata all’agroalimentare – che ci può ancora vedere protagonisti. Noi siamo la terra del sole e del mare, del vino e dell’olio, del pane e del vento. Questo è il nostro Expo.Ma dovranno essere coinvolti molti più imprenditori di tutto ciò che gira intorno alle nostre capacità produttive e sapienze culturali. Bisogna invertire la fiacca comunicazione del tanto positivo che rappresentiamo e produciamo. L’ossigenazione della nostra asfittica economia può solo provenire dal turismo. E la gente verrà da tutto il mondo a trovarci solo se saprà di trovare qui storia intensa, litorali intatti, mare pulito, servizi efficienti, cibo e vino di qualità, strade lisce e pulite, civiltà di maniere”.
La speranza adesso viene riposta nell’intelligenza dei futuri amministratori della Città: Marsala ha bisogno di volare alto, di andare veloce e di persone che siano preparate ad affrontare l’enorme complessità dei problemi. Sarà solo la cultura a salvare Marsala, perché è il solo vero fattore di attrazione e di sviluppo. E dalla cultura discende anche lo spirito civico. Voler bene a questa Città significa conoscerne, dal profondo, la storia e i valori. Siamo gli unici eredi di tre civiltà che qui hanno convissuto per secoli: i Fenici, i Greci e i Romani. Il tutto trova il suo compendio nella “nostra” isola-scrigno di Mozia, capoluogo dell’arcipelago dello Stagnone e gioiello dell’intero Mediterraneo. Il FAI, Fondo per l’Ambiente Italiano, ne ha decreto la prima posizione nella classifica dei Luoghi del Cuore e di ciò presto si parlerà proprio ad Expo con un evento apposito.
L’avvocato Maggio svolge da tempo un’altra opera parallela e basata su un’idea da lui per primo lanciata circa quindici anni fa: cioè il riconoscimento di Mozia e della sua laguna come Patrimonio Mondiale dell’Umanità: ciò costituirebbe una incommensurabile forza magnetica per attirare qui persone da tutto il pianeta. La sua analoga idea, lanciata a Pantelleria per il vigneto ad alberello (che aveva registrato indifferenza nella Giunta comunale di cinque anni fa, e che è stata invece virtuosamente ripresa e portata vittoriosamente a termine dalla Amministrazione successiva, attualmente in carica) ha già fatto sì che l’isola sia diventata la meta preferita dagli eno-turisti italiani e stranieri.
“Quello che anche Marsala adesso può ottenere è la targhetta UNESCO per il sito moziese/lilibetano. Riuscire ad essere inseriti nella Lista del World Heritage – ribadisce convintamente – determinerà quella crescita economica di cui abbiamo una disperata necessità. Il salto di qualità per Marsala – prosegue con la sua consueta passione – consisterà proprio nel lanciarsi da tale trampolino: da qui potremo rivendicare la legittimità a far chiamare “Marsala-Trapani” l’aeroporto di Birgi, a resuscitare il nostro porto (sia per rinvigorire le nostre tradizioni marinare, sia per ospitare adeguatamente le regate dei velisti e la nautica da diporto), a ripensare i nostri collegamenti stradali e ferroviari.
E Diego Maggio non si rassegna a mandare in soffitta l’altra sua idea, colpevolmente trascurata da chi ha gestito le recenti celebrazioni del Centocinquantenario: c’è sempre tempo, infatti, per far dichiarare il vino Marsala quale <<Patrimonio dell’Italianità >>.
Maria Grazia Sessa