Categorie: Lettere

L’altare in onore di San Giuseppe, un rito che sopravvive nel tempo

In diversi centri del meridione, tradizionalmente la necessità di affidarsi alla divina provvidenza, intesa nei suoi aspetti materiali e spirituali, spingeva in tanti a preparare l’Altare in onore di San Giuseppe per chiedere la buona salute, un lavoro o per altri motivi. Protettore degli orfani e delle ragazze, San Giuseppe è invocato dagli uni perché li soccorra e sostenga, dalle altre perché dia e trovi loro un partito buono e profittevole (G. Pitrè, 1881). La tipologia degli “Altari di San Giuseppe”, nell’allestimento o in altri dettagli, varia a seconda delle città, ma il significato è il medesimo. Elemento fondamentale degli altari è il pane, simbolo assoluto di provvidenza. Da qui la tradizione dei “Pani di San Giuseppe”, finemente lavorati. L’Altare vero e proprio consta di alcuni gradini, di solito tre, in cima ai quali, come punto di convergenza prospettico, è posta un’immagine della Sacra Famiglia. Talvolta, gli addobbi dell’Altare vengono a costituire un caratteristico ambiente scenografico che fa da contorno alla celebrazione del “Banchetto” vero e proprio, le cui centouno pietanze saranno offerte a tre bambini che incarnano la “Sacra Famiglia” e ai visitatori. Sul tavolo del Banchetto, accanto a ciascuno dei tre “santi”, sono posti tre pani di diversa forma. Davanti a “San Giuseppe” è posto un pane a forma di barba o bastone (simbolo della vecchiaia o della saggezza); un pane a forma di palma (simbolo della pace) davanti alla “Madonna”, infine uno a forma di mondo o sole (simbolo della Signoria di Cristo sulla storia) per il “Bambino Gesù”. L’apertura del Banchetto viene preceduto da un commovente rito di accoglienza, che si svolge davanti la casa della famiglia che ha preparato l’Altare. Si tratta della rievocazione drammatica del rifiuto d’ospitalità nei confronti di Maria e Giuseppe così come emerge dal vangelo di Luca (2,7): “Diede alla luce il suo Figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoria, perché non c’era posto per loro nell’albergo. Come reazione psicologica nel culto popolare si ha rievocazione del fatto in forma drammatica con un finale che placa l’animo: il Banchetto in onore di San Giuseppe. La “Madonna” e il “Bambino” si inginocchiano su degli appositi cuscini posti sull’uscio della casa in cui è stato preparato l’Altare. “San Giuseppe”, accompagnato da un tammurinaru, o da altri,si avvicina alla porta, che è chiusa. L’accompagnatore, facendo le veci del “santo” bussa una prima volta recitando: -«Ci su tri poviri pilligrini, vinuti di luntana via, stanchi di lu camminu ed addiunu, c’è nenti di manciari? Nessuno risponde . La scena si ripete una seconda volta in cui si avvicina anche la “Madonna”. Al terzo tentativo la “Sacra Famiglia” si presenta al completo davanti la porta a chiedere ospitalità. A questo punto u tammurinaru specifica che non si tratta di tre pellegrini qualsiasi, ma di “Gesù, Giuseppe e Maria”. La padrona di casa spalanca la porta gridando: -«Viva Gesù Giuseppi e Maria, viva»! La prima pietanza del Banchetto è rappresentata dall’arancia. Segue la cosiddetta pasta di San Giuseppi (la cui preparazione cambia a seconda dei luoghi). Le altre pietanze, oltre che da frittelle di ortaggi di vario genere, sono costituite da legumi, pesci fritti, frutta fresca, frutta secca, dolci di diversi tipi. È bandita la carne. I “santi” consumano solo una minima parte della pietanza e offrono dei “bocconi” ai commensali, indicandoli personalmente, i quali non possono rifiutarsi di accettare (V. Patti, 1977). In taluni centri, la tradizione di offrire i “bocconi” delle pietanze agli intervenuti al Banchetto cosa rappresenta se non la necessità della circolarità del dono? Dono caricato di una precisa valenza simbolica che è quello della circolarità dei rapporti interpersonali e comunitari. L’Altare, con tutto il suo seguito umano, rappresentava, o per certi aspetti ancora rappresenta, il paese o il quartiere. In passato il sistema calendariale del ciclo festivo scandiva lungo tutta l’annata il rapporto organico tra momento produttivo e momento di consumo comunitario (G. Gallini, 1971). L’antica civiltà contadina è in un certo senso scomparsa, travolta da cambiamenti radicali nel campo della tecnologia e dell’economia. Nonostante questo ogni paese ha conservato una sua festa annuale. La tradizione popolare degli Altari di San Giuseppe, in questa forma espressiva, non si capirebbe se non ricondotta all’ambiente agricolo del luogo e alla necessità di “benedire” il ciclo delle stagioni per assicurarsi i proventi della terra. La proprietà terriera, o la “roba” rivestiva, soprattutto in passato, un valore fondamentale. Accade quasi un processo di identificazione con la “roba” posseduta. Inoltre nel meridione il tempo è il triste portatore di disastri ambientali ricorrenti (R. Frattallone, 1988). La pietà popolare si inserisce, talvolta in questa visione fatalistica del tempo per valorizzare alcune parentesi felici. La festa continua ad essere momento di riconoscimento comunitario, occasione privilegiata in cui si affermano i vecchi valori di una mutualità non ancora del tutto liquidata. Negli ultimi anni, la consuetudine di allestire gli Altari con i Pani di San Giuseppe si è molto diffusa anche presso molte parrocchie, associazioni e scuole.

 Don Nicola Patti

Claudia Marchetti

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