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Fissati col petrolio

Nel secolo scorso John Davison Rockefeller fu a lungo considerato l’uomo più ricco del pianeta, grazie alle fortune accumulate attraverso il petrolio. I suo eredi, titolari di una fondazione che ne porta il nome, hanno recentemente deciso di disinvestire dalle attività legate ai combustibili fossili una somma pari a 860 milioni di dollari per destinarli alle energie rinnovabili. Una scelta che rientra in una strategia più ampia che è stata fin qui condivisa da 180 soggetti (tra organizzazioni filantropiche, religiose, fondi pensione, amministrazioni locali e ricchi investitori privati) che hanno ceduto le proprie quote di aziende legate al petrolio e ad altri combustibili fossili per investire in alternative meno dannose per l’ambiente. Segnali importanti, che fanno pensare a un percorso che dovrebbe portare alla fine dell’era del petrolio con significative ripercussioni anche sulla politica internazionale.

In Italia, però, si fa sempre molta fatica a riconoscere i cambiamenti in corso e si preferisce favorire le lobbies fin quando è possibile. In continuità con i governi guidati da Monti e Letta, l’esecutivo Renzi ha infatti inserito all’interno del decreto “Sblocca Italia” una serie di norme che sottraggono alle Regioni il potere di veto sulla ricerca e sulla trivellazione di pozzi di petrolio e di metano, per la gioia delle multinazionali del settore, che non vedono l’ora di poter trivellare il Mediterraneo. A tal riguardo, sul nostro territorio incombe un’istanza della Audax Energy, tuttora in fase di valutazione, che intende portare avanti una campagna di ricerche poche miglia a sud di Capo Boeo. Secondo il governo, in tempi di crisi, anche le trivelle possono tornare utili e le Cassandre che agitano il fantasma dei danni ambientali vanno serenamente ignorate. Da parte sua Greenpeace, che in questi giorni ha portato la sua Rainbow Warrior a Licata per sensibilizzare la popolazione sugli effetti dello “Sblocca Italia”, replica spiegando che i 10 milioni di tonnellate di petrolio di riserve certe a cui fa riferimento il governo, stando ai consumi attuali, coprirebbero il fabbisogno nazionale per sole 8 settimane. In America, evidentemente hanno capito l’andazzo e si stanno riorganizzando. In Italia, a dispetto dei proclami “nuovisti” si continuano a seguire idee e interessi dal sapore antico.

Vincenzo Figlioli

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