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Renzi vuole rottamare l’articolo 18, non avendo rottamato nulla!

Il grande Enzo Biagi diceva: “Il bello della democrazia è proprio questo, tutti possono parlare, ma non occorre ascoltare”. Dopo tanta cattiva informazione sull’art.18 dello Statuto dei lavoratori, ovvero della legge 20 maggio 1970, n.300, occorre riportare e commentare le norme italiane adesso in vigore. Intanto, direi, che ogni lavoratore debba conoscere lo Statuto dei lavoratori. Lo Statuto è composto da VI titoli:I Libertà e dignità del lavoratore; II Libertà sindacale; III Attività sindacale; IV Disposizione varie e generali;V Norme sul collocamento;VI Disposizioni finali e penali. L’art.18 riguarda la reintegrazione nel posto di lavoro, dopo il licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo, con sentenza giudiziaria. Il giudice con sentenza ordina il datore di lavoro a reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro. Tale disposizione si applica ai datori di lavoro che hanno più di quindici dipendenti e alle imprese agricole con più di cinque dipendenti. Inoltre il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore per il licenziamento di cui sia stata accertata l’inefficacia o l’invalidità. La “piangente” Fornero con Monti, modificarono l’art.18 con la legge 28 giugno 2012, n.92. In questo nuovo art. 18 si legge: “Il giudice, con la sentenza con la quale dichiara la nullità del licenziamento perchè discriminatorio, orina al datore di lavoro, la reintegrazione  del lavoratore nel posto di lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente addotto e quale che sia il numero dei dipendenti. La presente disposizione si applica anche ai dirigenti. Il giudice, nelle ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, per insussistenza del fatto contestato ovvero perchè il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili, annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione nel posto di lavoro”. Però, esiste pure il licenziamento per giustificato motivo, per giusta causa, ai sensi dell’art. 2119 del Codice Civile. Il datore di lavoro può licenziare per motivazioni economiche, quando vi sono ragioni oggettive che legittimano il ricorso alla riduzione del personale. Queste ragioni vengono definite: giustificato motivo oggettivo. Questa ipotesi si verifica quando per oggettive ragioni di riorganizzazione aziendale, il datore di lavoro è costretto a privarsi di alcuni tra i suoi dipendenti che non può utilmente reimpiegare in altri comparti della sua attività. Nella riorganizzazione la figura professionale licenziata non è più utile all’interno dell’azienda. Diversamente l’imprenditore  ha l’obbligo di ricollocare il lavoratore in un’altra posizione: obbligo di ripescaggio. Il licenziamento motivato da determinate esigenze relative ad una riorganizzazione aziendale deve essere un motivo oggettivo e non un atto arbitrario del datore di lavoro. Si può licenziare per chiusura dell’attività produttiva, crisi aziendale, innovazioni tecnologici, modifica cicli produttivi, soppressione di reparti, introduzione di nuovi macchinari. Cari italiani ritenete necessario abrogare queste norme per licenziamenti indiscriminati che faranno perdere la dignità ai lavoratori? Se qualche anno addietro, Berlusconi subì una manifestazione a Roma di tre milioni di lavoratori contro l’attacco all’art. 18, Renzi quanti lavoratori farà arrivare a Roma il 25 ottobre 2014 nella manifestazione organizzata dalla CGIL? Renzi sta facendo pentire i suoi elettori, andando a ruota di Berlusconi, dopo averlo resuscitato. A “Striscia la notizia”: Renzi dedica la cancellazione dell’art. 18 a Berlusconi. Vauro a ” Servizio pubblico”: Renzi- scout per accendere il fuoco non usa i legnetti, bensì l’art. 18. Secondo voi quest’articolo 18 blocca gli investimenti esteri in Italia, come dice Renzi? Caro Renzi, fino a che in alcuni stati si può produrre non rispettando l’ambiente, che ha un costo notevole, e si potranno avere lavoratori senza diritti e pagandoli con 40 euro la settimanali, per 15 ore lavorative al giorno, potrà mai essere conveniente produrre in Italia? Se le ditte italiane scappano all’estero è per l’art. 18? Caro Renzi, se vuoi essere utile all’Italia: fai rispettare il made in Italy, non permettere che ditte italiane producano all’estero. Una ditta italiana che produce all’estero non deve avere un nome italiano e non deve avere nei meandri più nascosti il made in PRC ( People’s Repubblic of China) o di altre nazioni malfamate e senza diritti. Il prodotto deve essere o tutto italiano o tutto straniero nei fatti e nel nome. I prodotti italiani dell’agricoltura non devono avere adulterazioni, sofisticazioni o contraffazione, ovvero frodi alimentari. Questo vale anche per le carni e i pesci. Se compro italiano è al 100% prodotto italiano. Renzi questa è rivoluzione e rottamazione. Renzi, la tua rottamazione si riferiva all’art. 18? Prodi, ti vogliamo al quirinale.

Gaspare Barraco

Claudia Marchetti

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