Si è tenuta stamattina, alle 10,30 davanti al Tribunale di Marsala, la prima udienza del processo che vede imputate sette delle trenta persone coinvolte nell’operazione antimafia “Eden”. Sugli imputati pesa l’accusa di far parte o di aver favorito il clan del boss latitante Matteo Messina Denaro. Imputati sono Antonella Agosta (assistita dall’ avvocato Orazio Rapisarda), Girolama La Cascia (difesa da Giovanni Messina), Michele Mazzara (il cui legale è Michele Cavarretta), Giuseppe Pilato (difeso da Umberto Coppola), Francesco Spezia (assistito da Stefano Pellegrino), Salvatore Torcivia (avvocato Dell’Aira di Palermo) e Vincenzo Torino (che si avvale del collegio difensivo composto da Rodolfo Vincente e Salvatore Modica). Per quanto riguarda Spezia, l’accusa è che avrebbe avuto la titolarità di una ditta di costruzioni, la SPEFRA, essendo prestanome di Michele Mazzara (già condannato per aver ospitato l’allora latitante Vincenzo Sinacori, ora collaboratore di giustizia). Secondo il difensore Stefano Pellegrino, invece Spezia era invece realmente il titolare dell’azienda “cosa – ha detto – confermata dal tribunale delle misure di prevenzione che ha escluso ogni attività di confisca”. Il collegio presieduto dal giudice Sergio Gulotta (a latere Pierini e Moricca), davanti al pm Paolo Guido, ha disposto un rinvio tecnico al 29 maggio, in quanto è stato confermato che il processo sarà trattato da un altro collegio, attualmente ancora non noto. Il 28 maggio, invece, sempre davanti il Tribunale di Marsala, inizierà il processo ad altre tre persone arrestate nella stessa operazione della Dda di Palermo. E cioè Patrizia Messina Denaro e Francesco Guttadauro, sorella e nipote del capomafia di Castelvetrano, e Antonio Lo Sciuto. È probabile che i due procedimenti
vengano riuniti. Patrizia Messina Denaro, secondo gli inquirenti, avrebbe retto il mandamento in assenza del fratello, continuando ad avere rapporti con lui nonostante la latitanza. L’inchiesta sfociata nello smantellamento dei vertici della famiglia mafiosa Messina Denaro è stata coordinata dal procuratore aggiunto di Palermo Teresa Principato e dai sostituti Paolo Guido e Marzia Sabella. I reati a vario titolo contestati sono associazione mafiosa, estorsione aggravata, intestazione fittizia di beni, favoreggiamento aggravato, compravendita elettorale, corruzione, turbativa d’asta, aggravati dalle finalità mafiose. Lo scorso 12 marzo, davanti al GUP di Palermo Cesare Vincenti, hanno patteggiato quattro delle 22 persone per le quali è stato chiesto il rinvio a giudizio. A due anni è stato condannato Aldo Tonino Di Stefano, a un anno e quattro mesi ciascuno Vincenzo Peruzza, Girolamo Cangialosi e Antonella Montagnini. I primi due erano accusati di trasferimento fraudolento di denaro, Cangialosi di favoreggiamento, Montagnini, vigile urbano nel Comune di Paderno Dugnano (in provincia di Milano), secondo l’accusa si sarebbe abusivamente introdotta in un sistema informatico protetto da misure di sicurezza. Hanno scelto, infine di esser giudicati col rito abbreviato Lea Cataldo, Lorenzo Cimarosa, Giovanni Faraone, Francesco Lupino, Giuseppe Marino, Mario Messina Denaro, Pinto Rosario e Nicolò Polizzi.