E’ tornato anche quest’anno a Pizzolungo Don Luigi Ciotti. Come ogni 2 aprile. Una giornata da dedicare al ricordo di
Cosa le fa dire, oggi, che la mafia è di nuovo più forte?
I rapporti della direzione nazionale antimafia, i segnali che arrivano dai territori. C’è un disagio lavorativo che abbraccia circa 7 milione di persone, terreno fertile per l’illegalità, la corruzione. Oggi la mafia è molto più presente nell’economia, nella finanza. Siede nei consigli di amministrazione delle grandi aziende. Ci vuole una risposta sociale, etica. La politica faccia la sua parte, noi faremo la nostra. Lotta alla mafia vuol dire leggi più giuste, sulla corruzione, sui reati ambientali. Vuol dire non dimenticare che se fosse solo un problema di lotta alla criminalità, basterebbe il lavoro delle forze dell’ordine e della magistratura. E’ necessario uno scatto in più in questo momento, da parte di tutti. Bisogna costruire cose concrete, è il fare che segna la grammatica della giustizia. Non basta essere cittadini a intermittenza. Il cambiamento ha bisogna di condivisione e continuità.
Se la lotta alla mafia non è stata ancora vinta, crede che sia anche a causa di alcuni errori dell’antimafia?
Io dico che antimafia e legalità sono spesso parole abusate. Utilizzate in maniera malleabile, svuotate del loro vero significato. A parole, tutti si dicono contrari alla mafia. Ma antimafia significa concretezza d’azione. C’è però anche una riflessione da fare nelle associazioni, a partire da Libera. Da un lato osservo la bellezza di tante persone che ogni giorno si mettono in gioco, dall’altro, c’è il rischio che alcune di loro si siedano, limitandosi a riempirsi la bocca di legalità. C’è bisogno di umiltà, concretezza, quotidianità e di un fare che incida di più.
Quant’è stato importante da un punto di vista simbolico il messaggio lanciato da Papa Francesco ai mafiosi qualche settimana fa?
Ci ha ricordato le parole di Paolo VI alle Brigate Rosse e quelle di Papa Giovanni Paolo II alla Valle dei Templi. Ma è andato anche oltre, non dicendo solo ai mafiosi che un giorno arriverà il giudizio divino, ma dicendo che se vanno avanti così, per loro ci sarà l’inferno. Punto e basta. Quel giorno il Papa ha ascoltato tanti nomi, ha stretto tante mani e poi si è rivolto ai mafiosi, dicendo loro di convertirsi e piangere. Un modo per invitarli a guardarsi dentro e a confrontarsi con le loro responsabilità.